La scuola di Atene

La scuola di Atene

lunedì 28 settembre 2015

DALLA SCUOLA SICILIANA ALLO STILNOVO

FEDERICO II STUPOR MUNDI



LA SCUOLA SICILIANA NELL'INTERPRETAZIONE DI MARCO SANTAGATA




DARIO FO INTERPRETA ROSA FRESCA AULENTISSIMA






Il Dolce stil novo




L'AMORE AI TEMPI DI FACEBOOK

Dalle società "solide" alle società "liquide": il crollo dei valori e lo sgretolamento dei riferimenti comuni.





Definizione dell'espressione "società liquida"
Società liquida loc. s.le f. Concezione sociologica - elaborata da Zyngmunt Baumann - che considera l’esperienza individuale e le relazioni sociali segnate da caratteristiche e strutture che si vanno decomponendo e ricomponendo rapidamente, in modo vacillante e incerto, fluido e volatile. (http://www.treccani.it/vocabolario/societa-liquida_(Neologismi)/)

http://espresso.repubblica.it/opinioni/la-bustina-di-minerva/2015/05/27/news/la-societa-liquida-1.214625


Comunità vs social network



Dalla teofania stilnovistica all'esposizione di sé su facebook



GUIDO CAVALCANTI: UN POETA MODERNO TRA GLI ANTICHI

http://www.raiscuola.rai.it/articoli/guido-cavalcanti-il-tesoro-della-poesia-italiana/2919/default.aspx



L'interpretazione di M. Santagata (minuto 32,41).
Cavalcanti e gli stilnovisti rappresentano la nuova aristocrazia intellettuale che avanza in cerca di riconoscimento e si propone come alternativa sia al vuoto ideologico dei ceti nobili e sia all'etica del profitto delle classi borghesi e mercantili.
L'esperienza amorosa che assume vesti mistico-teologiche e l'equazione amore=cor gentile sono la prova dell'esclusività della dimensione stilnovistica, del valore straordinario della tensione spirituale che anima i poeti dello Stilnovo, paragonabile, per intensità, solo all'esperienza mistica. Questa scelta dà voce alla sempre più urgente esigenza degli intellettuali stilnovisti di affermare il proprio ruolo e la propria identità in una società che comincia a saper e a voler fare a meno della cultura: ribadire la propria superiorità intellettuale da parte dei poeti stilnovisti equivale a sottolineare il proprio valore e il proprio  ruolo, la propria identità come ceto specifico.





Gli intellettuali oggi: razza in estinzione?



La poesia e i sentimenti





LA POESIA CAVALCANTIANA
L'esperienza amorosa come estasi: l'ineffabilità della bellezza

Voi che per li occhi mi passaste ’l core
e destaste la mente che dormia,
guardate a l’angosciosa vita mia,
che sospirando la distrugge Amore1.

E’ vèn tagliando di sì gran valore,
che’ deboletti spiriti van via2:
riman figura sol en segnoria
e voce alquanta, che parla dolore3.

Questa vertù4 d’amor che m’ha disfatto5
da’ vostr'occhi gentil’ presta6 si mosse:
un dardo mi gittò dentro dal fianco.

Sì giunse ritto ’l colpo al primo tratto7
che l’anima tremando si riscosse8
veggendo morto ’l cor nel lato manco9.
G. Cavalcanti, Rime

Le atrocità della storia. Dino Compagni
http://www.p4lmedia.net/pdf/lup_rossa/v1/PDF/Parte_II/OnLine_NeRossa_T_016_vol_1.pdf

L'estasi come esperienza amorosa: la trasverberazione
“Gli vedevo nelle mani un lungo dardo d’oro, che sulla punta di ferro mi sembrava avere un po’ di fuoco. Pareva che me lo configgesse a più riprese nel cuore, così profondamente che mi giungeva fino alle viscere, e quando lo estraeva sembrava portarselo via, lasciandomi tutta infiammata di grande amore di Dio. Il dolore della ferita era così vivo che mi faceva emettere dei gemiti, ma era così grande la dolcezza che mi infondeva questo enorme dolore, che non c’era da desiderarne la fine, né l’anima poteva appagarsi che di Dio. Non è un dolore fisico, ma spirituale, anche se il corpo non tralascia di parteciparvi un po’, anzi molto. È un idillio così soave quello che si svolge tra l’anima e Dio, che io supplico la divina bontà di farlo provare a chi pensasse che io mento”.
S. Teresa d'Avila, Libro della vita

Bernini, Estasi di S. Teresa

http://www.p4lmedia.net/pdf/lup_rossa/v1/OnLine_NeRossa_mappe_v1_(pII_cap3).pdf

L'amore stilnovistico: lo sguardo della critica
http://www.p4lmedia.net/pdf/lup_rossa/v1/PDF/Parte_II/OnLine_NeRossa_MD_013_vol_1.pdf



Cavalcanti, poeta della leggerezza
Ma che cosa significa essere leggeri? Leggiamo l'interpretazione di I. Calvino nella prima delle Lezioni americane dedicata, appunto, alla leggerezza.
La mia operazione è stata il più delle volte una sottrazione di peso; (...) soprattutto ho cercato di togliere peso alla struttura del racconto e del linguaggio.
In questa conferenza cercherò di spiegare - a me stesso e a voi - perché sono stato portato a considerare la leggerezza un valore anziché un difetto. (...)
 Quando ho iniziato la mia attività, il dovere di rappresentare il nostro tempo era l'imperativo categorico di ogni scrittore. (...)
Presto mi sono accorto che tra i fatti della vita che avrebbero dovuto essere la mia materia prima e l'agilità scattante (...) che volevo animasse la mia scrittura c'era un divario che mi costava sempre più sforzo superare.
Forse stavo scoprendo (...) la pesantezza, l'inerzia, l'opacità del mondo: qualità che s'attaccavano subito alla scrittura, se non si trova il modo di sfuggirle.
(...) 
La leggerezza  è un modo di vedere il mondo (...) , è qualcosa che si crea nella scrittura, con i mezzi linguistici.
(...)
Non potrei illustrare meglio questa idea che con una novella del "Decameron" (VI,9), dove appare il poeta fiorentino Guido Cavalcanti. Boccaccio ci presenta Cavalcanti come un austero filosofo che passeggia meditando tra i sepolcri di marmo davanti a una chiesa. La "jeunesse dorée" fiorentina cavalcava per la città in brigate che passavano da una festa all'altra (...). Cavalcanti non era popolare tra loro, perché (...) non accettava di far baldoria con loro e perché la sua misteriosa filosofia era sospettata di empietà:

"Ora avvenne un giorno che, essendo Guido partito d'Orto San Michele  e venutosene per lo Corso degli Adimari infino a San Giovanni, il quale spesse volte era suo cammino, essendo arche grandi di marmo, che oggi sono in Santa Reparata, e molte altre dintorno a San Giovanni, e egli essendo tralle colonne del porfido che vi sono e quelle arche e la porta di San Giovanni, che serrata era, messer Betto con sua brigata a caval venendo su per la piazza di Santa Reparata, vedendo Guido là tra quelle sepolture, dissero:"Andiamo a dargli briga"; e spronati i cavalli, a guisa d'uno assalto sollazzevole gli furono, quasi prima che egli se ne avvedesse, sopra e cominciarongli a dire: "Guido, tu rifiuti d'esser di nostra brigata; ma ecco, quando tu avrai trovato che Iddio non sia, che avrai fatto?".
A' quali Guido, da lor veggendosi chiuso, prestamente disse: "Signori, voi mi potete dire a casa vostra ciò che vi piace"; e posta la mano sopra una di quelle arche, che grandi erano, sì come colui che leggerissimo era, prese un salto e fusi gittato dall'altra parte, e sviluppatosi da loro se n'andò."


Ciò che qui ci interessa non è tanto la battuta attribuita a Cavalcanti (...). ciò che ci colpisce è l'immagine visuale che Boccaccio evoca: Cavalcanti che si libera d'un salto "sì come colui che leggerissimo era". (...)

Se volessi scegliere un simbolo augurale per l'affacciarsi al nuovo millennio, sceglierei questo: l'agile salto improvviso del poeta-filosofo che si solleva sulla pesantezza del mondo. (...)
Vorrei che conservaste quest'immagine ora che vi parlerò di Cavalcanti poeta della leggerezza. Nella sua poesia le "dramatis personae" più che personaggi umai sono sospiri, raggi luminosi (...) o messaggi immateriali che egli chiama "spiriti". Un tema nient'affatto leggero come l'amore, viene dissolto da Cavalcanti in entità impalpabili che si spostano tra anima sensitiva e  anima intellettiva, tra cuore e mente, tra occhi e voce. Insomma si tratta sempre di qualcosa che è contraddistinto da tre caratteristiche: 1) è leggerissimo; 2) è in movimento; 3) è un vettore d'informazione. In alcune poesie questo messaggio-messaggero è lo stesso testo poetico. (...)
Mi sono servito di Cavalcanti per esemplificare la leggerezza almeno in tre accezioni diverse: 
1) un alleggerimento del linguaggio, per cui i significati vengono convogliati su un tessuto verbale come senza peso, fino ad assumere la stessa rarefatta consistenza (...);
2) la narrazione d'un ragionamento o d'un processo psicologico in cui agiscono elementi sottili e impercettibili, o qualunque descrizione che comporti un alto grado d'astrazione;
3)una immagine figurale di leggerezza che assuma un valore emblematico, come, nella novella di Boccaccio, Cavalcanti che volteggia con le sue smilze gambe sopra la pietra tombale.
(...)
Leopardi, nel suo ininterrotto ragionamento sull'insostenibile peso del vivere, dà alla felicità irraggiungibile immagini di leggerezza: gli uccelli, una voce femminile che canta da una finestra, la trasparenza dell'aria, e soprattutto la luna. La luna (...) ha sempre avuto il potere di comunicare una sensazione di levità di sospensione, di silenzioso e calmo incantesimo. (...) Il miracolo di Leopardi è stato di togliere al linguaggio ogni peso fino a farlo assomigliare alla luce lunare. (...)
Resta ancora un filo, quello che avevo cominciato a svolgere all'inizio: la letteratura come funzione esistenziale, la ricerca della leggerezza come reazione al peso del vivere.
(...)

Vorrei chiudere questa conferenza ricordando un racconto di Kafka,"Der Kübelreiter"  ("Il cavaliere del secchio"). E’ un breve racconto in prima persona, scritto nel 1917 e il suo punto di partenza è evidentemente una situazione ben reale in quell’inverno di guerra, il più terribile per l’impero austriaco: la mancanza di carbone. Il narratore esce col secchio vuoto in cerca di carbone per la stufa. Per la strada il secchio gli fa da cavallo, anzi lo solleva all’altezza dei primi piani e lo trasporta ondeggiando come sulla groppa d’un cammello. La bottega del carbonaio è sotterranea e il cavaliere del secchio è troppo in alto; stenta a farsi intendere dall’uomo che sarebbe pronto ad accontentarlo, mentre la moglie non lo vuole sentire. Lui li supplica di dargli una palata del carbone più scadente, anche se non può pagare subito. La moglie del carbonaio si slega il grembiule e scaccia l’intruso come caccerebbe una mosca. Il secchio è così leggero che vola via col suo cavaliere, fino a perdersi oltre le Montagne di Ghiaccio. Molti dei racconti brevi di Kafka sono misteriosi e questo lo è particolarmente. Forse Kafka voleva solo raccontarci che uscire alla ricerca d’un po’ di carbone, in una fredda notte del tempo di guerra, si trasforma in quête di cavaliere errante, traversata di carovana nel deserto, volo magico, al semplice dondolio del secchio vuoto. Ma l’idea di questo secchio vuoto che ti solleva al di sopra del livello dove si trova l’aiuto e anche l’egoismo degli altri, il secchio vuoto segno di privazione e desiderio e ricerca, che ti eleva al punto che la tua umile preghiera non potrà più essere esaudita, - apre la via a riflessioni senza fine. Avevo parlato dello sciamano e dell’eroe delle fiabe, della privazione sofferta che si trasforma in leggerezza e permette di volare nel regno in cui ogni mancanza sarà magicamente risarcita. Avevo parlato delle streghe che volavano su umili arnesi domestici come può essere un secchio. Ma l’eroe di questo racconto di Kafka, non sembra dotato di poteri sciamanici né stregoneschi; né il regno al di là delle Montagne di Ghiaccio sembra quello in cui il secchio vuoto troverà di che riempirsi. Tanto più che se fosse pieno non permetterebbe di volare. Così, a cavallo del nostro secchio, ci affacceremo al nuovo millennio, senza sperare di trovarvi nulla di più di quello che saremo capaci di portarvi. La leggerezza, per esempio, le cui virtù questa conferenza ha cercato d’illustrare.







Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.