La scuola di Atene

La scuola di Atene

DIDATTICA E TECNOLOGIA

"Al fondo di molte delle iniziative ministeriali pare esserci la convinzione che le tecnologie siano portatrici di innovazione di per sé. Introduciamo in classe un tablet per ogni studente, una lavagna interattiva, delle risorse digitali, una connessione che permetta di accedere ad altre risorse open e magari a qualche forma di socialità di rete, ed ecco che la scuola si rinnova: l’importante è ridurre il ritardo rispetto al mondo circostante. Su temi così delicati, io credo che sarebbe lecito attendersi maggiore lucidità. Se si assolutizza il concetto della rispondenza tra fuori e dentro, la scuola a rigore serve a poco, perché non c’è niente di più allineato al mondo esterno del mondo stesso. Se invece la scuola deve continuare ad essere quel luogo “altro” nel quale accade qualcosa che ha a che fare con la didattica, allora non le si può chiedere, rispetto alle tecnologie, di arrendersi senza condizioni. L’introduzione di strumenti e tecnologie digitali in classe è auspicabile, ma bisogna essere in grado di mettere in gerarchia gli obiettivi e avere consapevolezza del contesto di riferimento.

L’ingresso del digitale, come di tutto il resto, deve essere subordinato a un progetto, al fondo del quale ci sarà la trasmissione e preservazione del paradigma culturale che ci rende quello che siamo (una tradizione, dunque), e anche, è lecito sperarlo, l’educazione a un dialogo critico con la tradizione e col mondo. Questo soprattutto se si intende il digitale in funzione non solo strumentale (e già sarebbe un obiettivo nobile e ambizioso), ma come leva per il rinnovamento dei metodi di insegnamento: un’altra, come si è detto, delle motivazioni a cui viene legata l’introduzione del digitale a scuola. È banale ma forse non inutile ripetere che l’innovazione nella didattica ha una curva diversa rispetto all’innovazione nella tecnologia. Si possono usare strumenti vecchi per fare cose nuove, e strumenti nuovi per fare cose vecchie. Proporre all’insegnante un testo in pdf da stampare o leggerlo su un eBook reader, mettere un test a risposta multipla sull’iPad o introdurre lo stesso contenuto in forma di gioco multimediale non significa necessariamente innovare la didattica. Ma un foglio e una penna sono sufficienti per impostare in classe un sofisticato modello di Problem based learning. Purtroppo oggi è più frequente il caso in cui la tecnologia, lasciata in mano ai tecnologi e non presidiata (o solo subita) dai didatti, contribuisce a reintrodurre in classe metodologie vecchie capziosamente rivestite di un’innovazione solo formale, modelli obsoleti di derivazione comportamentista, dinamiche biunivoche di insegnamento/apprendimento, la concezione di un sapere chiuso, nozionistico, non problematico."(D. Baldi, Doppiozero.com)

http://www.doppiozero.com/materiali/sala-insegnanti/scuola-digitale



"Indagini svolte negli Usa hanno mostrato che non ci sono sostanziali differenze nei risultati scolastici tra gruppi classe che usano portatili in classe rispetto a quelle che non lo fanno: le capacità di scrittura risultano lievemente inferiori tra gli studenti dotati di computer e lievemente migliori in matematica, ma solo tra allievi già competenti. Studi del 2010, e quindi con significativi cambiamenti nell'uso dei media digitale per diffusione e durata nel tempo, analizzano i risultati di 500 000 studenti del North Carolina tra quinta elementare e terza media, fascia di inizio massivo nell'uso di tecnologie: questi tendono a mostrare che l'accesso ai portatili e alla rete abbassa il rendimento scolastico. In più, si evidenzia un aumento del divario tra ‘ricchi’ e ‘poveri’ attraverso l'accesso a Internet: «i soggetti esaminati non hanno imparato di più grazie alla rete; al contrario, i giochi e i passatempi a disposizione li hanno fatti regredire». Significativo inoltre che una ricerca portoghese sull'uso di Internet nelle scuola, oltre a mostrare un peggioramento del rendimento scolastico proporzionale all'uso, abbia evidenziato un marcato effetto di genere: i maschi, che utilizzano la rete come passatempo più delle femmine, sarebbero più colpiti dall'effetto distrazione.

L'unico studio che mostra effetti positivi dell'apprendimento attraverso l'ausilio di strumenti informatici riguarda studenti universitari californiani, con una età media di 25 anni: per Spitzer dal punto di vista comportamentale e neurobiologico i giovani adulti sono soggetti già formati che hanno già strutturato e consolidato strutture cognitive e autoregolamentazione, affrontato percorsi scolastici e maturato motivazione nel loro proseguimento.

Sono queste pre-condizioni a rendere l’essere digitali una risorsa effettivamente vantaggiosa, sostanzialmente quelle soddisfatte da chi – come molti docenti, studiosi e professionisti – è entusiasta del mondo dell'informatica 2.0." (E. Manera, Doppiozero.com)

http://www.doppiozero.com/materiali/sala-insegnanti/scuola-e-mondo-digitale


"Per quanto gli insegnanti si producano in performance sempre più accattivanti; le scuole si dotino di LIM,DVD,app, wi-fi, bluetooth; per quanto limiamo asperità e livelliamo strade; per quanto puntiamo al saper fare e alle competenze e al problem solving, e non più al sapere; ebbene, c'è sempre un momento in cui lo studente deve mettersi a studiare ...
Ministri, funzionari, professori, burocrati, intellettuali di grido e scrittori si danno un gran da fare a smantellare l'idea di un'istruzione fondata sullo studio e sui libri, cioè sull'universo logico verbale....
L'ultima trovata è dire che tutto ciò è vecchio, screditarlo come retaggio arcaico e dinosaurico di un mondo che non c'è più....
Dovremmo lavorare, nei luoghi deputati allo studio, perché si affini sempre più quell'abito contemplativo della mente, quella facoltà di introspezione che può farci accedere a una dimensione più alta dell'esistenza. Russell parla di una "utilità indiretta" che riguarda la cultura ... "implicita nel possesso di un sapere che non contribuisce all'efficienza tecnica".
Per questo mi piacerebbe che i ragazzi studiassero, nel senso più ampio, profondo e libero del termine.... Non per acquisire un sapere; non per esibire una cultura che non serve e non piace più a nessuno; e nemmeno per accumulare più ricchezze o acquisire prestigio e successo.
Mi piacerebbe che studiassimo senza alcuna preposizione per ..."
da Paola Mastrocola, La passione ribelle


"Il fine immediato [della scuola], da ricordare minuto per minuto, è quello d’intendere gli altri e farsi intendere.
E non basta certo l’italiano, che nel mondo non conta nulla.
Gli uomini hanno bisogno d’amarsi anche al di là delle frontiere.
Dunque bisogna studiare molte lingue e tutte vive.
La lingua poi è formata dai vocaboli d’ogni materia.
Per cui bisogna sfiorare tutte le materie un po’ alla meglio per arricchirsi la parola.
Essere dilettanti in tutto e specialisti solo nell’arte del parlare.
S’ha bisogno di lingua d’oggi e non di ieri, di lingua e non di specializzazioni.
Perché è solo la lingua che fa eguali.
Eguale è chi sa esprimersi e intende l’espressione altrui.
Che sia ricco o povero importa meno.
Basta che parli".
da don Lorenzo Milani, Lettera a una professoressa


INSEGNARE L'AMORE PER IL SAPERE (MASSIMO RECALCATI)
http://www.raiscuola.rai.it/articoli/massimo-recalcati-insegnare-lamore-per-il-sapere/25637/default.aspx


Socrate: Descrivimi un po’ gli educatori che ti hanno aiutato, quelli che hai apprezzato!
Alexandre: Ci volevano bene.
Avevano fiducia in noi, nelle nostre possibilità. Senza pretese di padroneggiare tutto, coscienti che molti elementi sfuggivano loro, si mostravano modesti. Più pragmatici degli altri,  non riducevano la realtà a schemi vuoti, a futili teorie. Si comportavano come filosofi, lasciandosi guidare dalla realtà, cercando molto semplicemente di capirci, ma nel miglior modo possibile.
Socrate: Sii più concreto.
Alexandre: Matthieu, per esempio, un carpentiere riciclato come educatore, gestiva i problemi con semplicità. Da uomo pratico affrontava le difficoltà una alla volta. Matthieu aveva una visione originale dell’educazione. Accordandoci fiducia, ci invitava a scoprire le nostre illusioni, le nostre inclinazioni, le nostre debolezze. Come te, riteneva che ciascuno avesse in sé le soluzioni e che si trattasse semplicemente di portarle alla luce. Matthieu non sosteneva una teoria astratta, esteriore al soggetto: ridestava in noi un sapere, delle potenzialità intorpidite.
Socrate: Ecco una bella definizione dell’educatore.
Alexandre: Credo di sì… Una persona che aiuta a partorire, che interroga, che ridesta le capacità sepolte da ostacoli diversi. Questo modo di procedere richiede una fiducia assoluta nell’uomo, ma anche umiltà, umiltà che permette di mantenere le distanze, di non giudicare l’altro, di prendere coscienza che l’altro resterà sempre un individuo irriducibile, che non può essere totalmente sottomesso, analizzato, capito.
Alexandre Jollien, Elogio della debolezza

LA LIM A SCUOLA
http://www.ipsarpetronio.it/montediprocidaLIM/precedente/materiali%20esame/insegnare%20con%20la%20lim%20vademecum.PDF

INSEGNARE ITALIANO CON LA LIM
http://www.impariamoascrivere.it/public/file/coppola_lavagna_interattiva_multimediale.pdf

IL TEAM TEACHING PER LA DIDATTICA INCLUSIVA
http://ojs.pensamultimedia.it/index.php/sird/article/viewFile/191/179

Insegnare letteratura
http://www.internazionale.it/opinione/claudio-giunta/2016/03/13/scuola-letteratura

Alternanza scuola-lavoro
http://www.internazionale.it/opinione/christian-raimo/2016/02/23/buona-scuola-lavoro

Didattica e tecnologia
http://www.internazionale.it/opinione/claudio-giunta/2016/04/19/scuola-digitale

Il sapere ci fa volare
http://video.repubblica.it/mondo/il-sapere-ci-fa-volare-fino-alle-stelle-il-discorso-del-laureato-ad-harvard-emoziona-il-mondo/241782/241782?ref=HRESS-2&ncid=fcbklnkithpmg00000001

Il bravo insegnante: una riflessione di D. Pennac
D. Pennac: lezione di ignoranza!

Elogio della lezione frontale

PAOLA MASTROCOLA E LA GRANDE LEZIONE DEL PROF. KEATING

Se a scuola eccelle chi insegna: l'opinione di Tullio De Mauro

Attenti al computer!

Reale e virtuale: l'opinione di Paul Virilio
http://www.repubblica.it/online/internet/mediamente/virilio/virilio.html


Flipped classroom e Episodi di Apprendimento Situato (EAS)


Il modello finlandese
http://www.ilpost.it/2016/12/19/crisi-scuola-finlandia/


"Uno sguardo lungo sul mondo"

Pagine per scrivere meglio
http://pennablu.it/scrittura-creativa/

Per scrivere sul web
http://ilmiolibro.kataweb.it/articolo/scrivere/11020/come-scrivere-sul-web-al-tempo-di-internet/

Il mestiere di scrivere
https://ilmestierediscrivere.wordpress.com/le-officine-del-racconto-2/

La scrittura giornalistica
http://www.comunicazione.uniroma3.it/UserFiles/File/Files/1185_LA%20SCRITTURA%20GIORNALISTICALEZIONE11DICEMBRE.pdf

Il linguaggio giornalistico
http://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2011/11/17/il-linguaggio-giornalistico/

Parlare di cultura nel web
http://www.nuoviargomenti.net/blog/

La scuola e il digitale
http://mobile.ilsole24ore.com/solemobile/main/art/tecnologie/2015-09-14/la-scuola-digitale-non-migliora-rendimento-scolastico-ma-e-questione-tempo--202520.shtml?

uuid=ACYzNixhttp://www.laletteraturaenoi.it/index.php/scuola_e_noi/217-non-esistono-scorciatoie-tecnologiche-per-l%E2%80%99istruzione-di-buon-livello.html

"Sono convinto che la sfida educativa sia la sfida più importante: in primo luogo perché le regole di ingaggio della cittadinanza - ormai da tempo e ancora di più oggi nella cosiddetta società della conoscenza - non sono più scritte e definite dai legislatori, ma vengono scritte e definite nei luoghi in cui si produce informazione, conoscenza e sapere. Quali sono questi luoghi? L'università e la scuola, prima di tutto.
È solo a scuola e in un'ottica di lungo periodo che si possono creare le condizioni socioculturali che rendano possibile la costruzione della cultura della legalità, della prevenzione, della responsabilità, del rispetto, dell'empatia; così come è solo a scuola e nel lungo periodo che si possono creare le condizioni socio-culturali capaci di realizzare il tentativo ambizioso - e per certi versi utopistico - di ripensare la cittadinanza, l'inclusione, il confronto interculturale e multiculturale. Per affrontare le sfide dell'ipercomplessità è, dunque, necessario realizzare un cambiamento di natura culturale che ponga al centro l'insegnamento, l'istruzione e l'educazione.
È la scuola che, fin dai primi anni di vita, dovrebbe educare alla complessità, al pensiero critico, al pensiero sistemico. E, perché ciò avvenga, è necessaria una riforma complessiva del pensiero e, nello specifico, dell'insegnamento, basata sul rilancio in grande stile degli studi umanistici. 
La cosiddetta società ipertecnologica porta con sé una serie di illusioni, le quali possono essere ricondotte all'idea che noi saremo sempre più in grado - e sempre di più lo faremo - di delegare le nostre scelte e - aggiungo io - la nostra responsabilità ai sistemi tecnologici: in altre parole, la dimensione del tecnologicamente controllato continuerà ad aumentare e con essa continuerà a diffondersi l'illusione che il fattore umano, sociale e relazionale sia sempre meno importante, perché nel frattempo noi avremo delegato le decisioni, le scelte alle tecnologie o ai robot. 
Ci stiamo sempre più convincendo che il digitale possa risolvere tutto, possa preservarci da ogni pericolo, e ignoriamo un aspetto importante: il fattore umano è sempre decisivo ed è dietro ogni processo, dietro ogni meccanismo, dietro ogni algoritmo. E di fronte alle sfide dell'ipercomplessità, non possiamo non registrare la sostanziale inadeguatezza non solo dei nostri saperi, ma anche della scuola e dell'università."
(P. Dominici, professore di Comunicazione Pubblica all'università di Perugia, formatore professionista e membro dell'Albo dei Revisori MIUR) 
http://www.huffingtonpost.it/2017/05/04/al-festival-della-complessita-la-lezione-di-piero-dominici-il_a_22069135/?utm_hp_ref=it-culture


"Continuo ad esser convinto, e su questo approccio ho sviluppato le mie ricerche, che l’innovazione tecnologica costituisca da sempre un fattore strategico di cambiamento dei sistemi sociali e delle organizzazioni ma che questa, se non supportata da una cultura della complessità e da politiche di lungo periodo in grado di innescare e supportare il cambiamento culturale (centralità strategica di scuola, istruzione, università), si riveli sempre una straordinaria opportunità per pochi e/o, per meglio dire, per élite più o meno illuminate. Da questo punto di vista, per ciò che concerne quella che ho definito “la società interconnessa”, l’orizzontalità e la democraticità delle procedure e dei sistemi non possono essere garantite dalla tecnologia in sé e per sé, dal momento che a fare la differenza sono sempre il fattore umano e la qualità delle relazioni sociali e dei legami di interdipendenza, dentro e fuori i sistemi sociali; dentro e fuori le organizzazioni complesse."
(P. Dominici, professore di Comunicazione Pubblica all'università di Perugia, formatore professionista e membro dell'Albo dei Revisori MIUR)

http://marcominghetti.nova100.ilsole24ore.com/2014/11/17/un-nuovo-umanesimo-per-la-societa-interconnessa/

Narrativa distopica
Una tecno-farfalla distruggerà l'uomo
https://www.pressreader.com/italy/corriere-della-sera-la-lettura/20180520/281565176417974

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