La scuola di Atene

La scuola di Atene

lunedì 28 settembre 2015

DALLA SCUOLA SICILIANA ALLO STILNOVO

FEDERICO II STUPOR MUNDI



LA SCUOLA SICILIANA NELL'INTERPRETAZIONE DI MARCO SANTAGATA




DARIO FO INTERPRETA ROSA FRESCA AULENTISSIMA






Il Dolce stil novo




L'AMORE AI TEMPI DI FACEBOOK

Dalle società "solide" alle società "liquide": il crollo dei valori e lo sgretolamento dei riferimenti comuni.





Definizione dell'espressione "società liquida"
Società liquida loc. s.le f. Concezione sociologica - elaborata da Zyngmunt Baumann - che considera l’esperienza individuale e le relazioni sociali segnate da caratteristiche e strutture che si vanno decomponendo e ricomponendo rapidamente, in modo vacillante e incerto, fluido e volatile. (http://www.treccani.it/vocabolario/societa-liquida_(Neologismi)/)

http://espresso.repubblica.it/opinioni/la-bustina-di-minerva/2015/05/27/news/la-societa-liquida-1.214625


Comunità vs social network



Dalla teofania stilnovistica all'esposizione di sé su facebook



GUIDO CAVALCANTI: UN POETA MODERNO TRA GLI ANTICHI

http://www.raiscuola.rai.it/articoli/guido-cavalcanti-il-tesoro-della-poesia-italiana/2919/default.aspx



L'interpretazione di M. Santagata (minuto 32,41).
Cavalcanti e gli stilnovisti rappresentano la nuova aristocrazia intellettuale che avanza in cerca di riconoscimento e si propone come alternativa sia al vuoto ideologico dei ceti nobili e sia all'etica del profitto delle classi borghesi e mercantili.
L'esperienza amorosa che assume vesti mistico-teologiche e l'equazione amore=cor gentile sono la prova dell'esclusività della dimensione stilnovistica, del valore straordinario della tensione spirituale che anima i poeti dello Stilnovo, paragonabile, per intensità, solo all'esperienza mistica. Questa scelta dà voce alla sempre più urgente esigenza degli intellettuali stilnovisti di affermare il proprio ruolo e la propria identità in una società che comincia a saper e a voler fare a meno della cultura: ribadire la propria superiorità intellettuale da parte dei poeti stilnovisti equivale a sottolineare il proprio valore e il proprio  ruolo, la propria identità come ceto specifico.





Gli intellettuali oggi: razza in estinzione?



La poesia e i sentimenti





LA POESIA CAVALCANTIANA
L'esperienza amorosa come estasi: l'ineffabilità della bellezza

Voi che per li occhi mi passaste ’l core
e destaste la mente che dormia,
guardate a l’angosciosa vita mia,
che sospirando la distrugge Amore1.

E’ vèn tagliando di sì gran valore,
che’ deboletti spiriti van via2:
riman figura sol en segnoria
e voce alquanta, che parla dolore3.

Questa vertù4 d’amor che m’ha disfatto5
da’ vostr'occhi gentil’ presta6 si mosse:
un dardo mi gittò dentro dal fianco.

Sì giunse ritto ’l colpo al primo tratto7
che l’anima tremando si riscosse8
veggendo morto ’l cor nel lato manco9.
G. Cavalcanti, Rime

Le atrocità della storia. Dino Compagni
http://www.p4lmedia.net/pdf/lup_rossa/v1/PDF/Parte_II/OnLine_NeRossa_T_016_vol_1.pdf

L'estasi come esperienza amorosa: la trasverberazione
“Gli vedevo nelle mani un lungo dardo d’oro, che sulla punta di ferro mi sembrava avere un po’ di fuoco. Pareva che me lo configgesse a più riprese nel cuore, così profondamente che mi giungeva fino alle viscere, e quando lo estraeva sembrava portarselo via, lasciandomi tutta infiammata di grande amore di Dio. Il dolore della ferita era così vivo che mi faceva emettere dei gemiti, ma era così grande la dolcezza che mi infondeva questo enorme dolore, che non c’era da desiderarne la fine, né l’anima poteva appagarsi che di Dio. Non è un dolore fisico, ma spirituale, anche se il corpo non tralascia di parteciparvi un po’, anzi molto. È un idillio così soave quello che si svolge tra l’anima e Dio, che io supplico la divina bontà di farlo provare a chi pensasse che io mento”.
S. Teresa d'Avila, Libro della vita

Bernini, Estasi di S. Teresa

http://www.p4lmedia.net/pdf/lup_rossa/v1/OnLine_NeRossa_mappe_v1_(pII_cap3).pdf

L'amore stilnovistico: lo sguardo della critica
http://www.p4lmedia.net/pdf/lup_rossa/v1/PDF/Parte_II/OnLine_NeRossa_MD_013_vol_1.pdf



Cavalcanti, poeta della leggerezza
Ma che cosa significa essere leggeri? Leggiamo l'interpretazione di I. Calvino nella prima delle Lezioni americane dedicata, appunto, alla leggerezza.
La mia operazione è stata il più delle volte una sottrazione di peso; (...) soprattutto ho cercato di togliere peso alla struttura del racconto e del linguaggio.
In questa conferenza cercherò di spiegare - a me stesso e a voi - perché sono stato portato a considerare la leggerezza un valore anziché un difetto. (...)
 Quando ho iniziato la mia attività, il dovere di rappresentare il nostro tempo era l'imperativo categorico di ogni scrittore. (...)
Presto mi sono accorto che tra i fatti della vita che avrebbero dovuto essere la mia materia prima e l'agilità scattante (...) che volevo animasse la mia scrittura c'era un divario che mi costava sempre più sforzo superare.
Forse stavo scoprendo (...) la pesantezza, l'inerzia, l'opacità del mondo: qualità che s'attaccavano subito alla scrittura, se non si trova il modo di sfuggirle.
(...) 
La leggerezza  è un modo di vedere il mondo (...) , è qualcosa che si crea nella scrittura, con i mezzi linguistici.
(...)
Non potrei illustrare meglio questa idea che con una novella del "Decameron" (VI,9), dove appare il poeta fiorentino Guido Cavalcanti. Boccaccio ci presenta Cavalcanti come un austero filosofo che passeggia meditando tra i sepolcri di marmo davanti a una chiesa. La "jeunesse dorée" fiorentina cavalcava per la città in brigate che passavano da una festa all'altra (...). Cavalcanti non era popolare tra loro, perché (...) non accettava di far baldoria con loro e perché la sua misteriosa filosofia era sospettata di empietà:

"Ora avvenne un giorno che, essendo Guido partito d'Orto San Michele  e venutosene per lo Corso degli Adimari infino a San Giovanni, il quale spesse volte era suo cammino, essendo arche grandi di marmo, che oggi sono in Santa Reparata, e molte altre dintorno a San Giovanni, e egli essendo tralle colonne del porfido che vi sono e quelle arche e la porta di San Giovanni, che serrata era, messer Betto con sua brigata a caval venendo su per la piazza di Santa Reparata, vedendo Guido là tra quelle sepolture, dissero:"Andiamo a dargli briga"; e spronati i cavalli, a guisa d'uno assalto sollazzevole gli furono, quasi prima che egli se ne avvedesse, sopra e cominciarongli a dire: "Guido, tu rifiuti d'esser di nostra brigata; ma ecco, quando tu avrai trovato che Iddio non sia, che avrai fatto?".
A' quali Guido, da lor veggendosi chiuso, prestamente disse: "Signori, voi mi potete dire a casa vostra ciò che vi piace"; e posta la mano sopra una di quelle arche, che grandi erano, sì come colui che leggerissimo era, prese un salto e fusi gittato dall'altra parte, e sviluppatosi da loro se n'andò."


Ciò che qui ci interessa non è tanto la battuta attribuita a Cavalcanti (...). ciò che ci colpisce è l'immagine visuale che Boccaccio evoca: Cavalcanti che si libera d'un salto "sì come colui che leggerissimo era". (...)

Se volessi scegliere un simbolo augurale per l'affacciarsi al nuovo millennio, sceglierei questo: l'agile salto improvviso del poeta-filosofo che si solleva sulla pesantezza del mondo. (...)
Vorrei che conservaste quest'immagine ora che vi parlerò di Cavalcanti poeta della leggerezza. Nella sua poesia le "dramatis personae" più che personaggi umai sono sospiri, raggi luminosi (...) o messaggi immateriali che egli chiama "spiriti". Un tema nient'affatto leggero come l'amore, viene dissolto da Cavalcanti in entità impalpabili che si spostano tra anima sensitiva e  anima intellettiva, tra cuore e mente, tra occhi e voce. Insomma si tratta sempre di qualcosa che è contraddistinto da tre caratteristiche: 1) è leggerissimo; 2) è in movimento; 3) è un vettore d'informazione. In alcune poesie questo messaggio-messaggero è lo stesso testo poetico. (...)
Mi sono servito di Cavalcanti per esemplificare la leggerezza almeno in tre accezioni diverse: 
1) un alleggerimento del linguaggio, per cui i significati vengono convogliati su un tessuto verbale come senza peso, fino ad assumere la stessa rarefatta consistenza (...);
2) la narrazione d'un ragionamento o d'un processo psicologico in cui agiscono elementi sottili e impercettibili, o qualunque descrizione che comporti un alto grado d'astrazione;
3)una immagine figurale di leggerezza che assuma un valore emblematico, come, nella novella di Boccaccio, Cavalcanti che volteggia con le sue smilze gambe sopra la pietra tombale.
(...)
Leopardi, nel suo ininterrotto ragionamento sull'insostenibile peso del vivere, dà alla felicità irraggiungibile immagini di leggerezza: gli uccelli, una voce femminile che canta da una finestra, la trasparenza dell'aria, e soprattutto la luna. La luna (...) ha sempre avuto il potere di comunicare una sensazione di levità di sospensione, di silenzioso e calmo incantesimo. (...) Il miracolo di Leopardi è stato di togliere al linguaggio ogni peso fino a farlo assomigliare alla luce lunare. (...)
Resta ancora un filo, quello che avevo cominciato a svolgere all'inizio: la letteratura come funzione esistenziale, la ricerca della leggerezza come reazione al peso del vivere.
(...)

Vorrei chiudere questa conferenza ricordando un racconto di Kafka,"Der Kübelreiter"  ("Il cavaliere del secchio"). E’ un breve racconto in prima persona, scritto nel 1917 e il suo punto di partenza è evidentemente una situazione ben reale in quell’inverno di guerra, il più terribile per l’impero austriaco: la mancanza di carbone. Il narratore esce col secchio vuoto in cerca di carbone per la stufa. Per la strada il secchio gli fa da cavallo, anzi lo solleva all’altezza dei primi piani e lo trasporta ondeggiando come sulla groppa d’un cammello. La bottega del carbonaio è sotterranea e il cavaliere del secchio è troppo in alto; stenta a farsi intendere dall’uomo che sarebbe pronto ad accontentarlo, mentre la moglie non lo vuole sentire. Lui li supplica di dargli una palata del carbone più scadente, anche se non può pagare subito. La moglie del carbonaio si slega il grembiule e scaccia l’intruso come caccerebbe una mosca. Il secchio è così leggero che vola via col suo cavaliere, fino a perdersi oltre le Montagne di Ghiaccio. Molti dei racconti brevi di Kafka sono misteriosi e questo lo è particolarmente. Forse Kafka voleva solo raccontarci che uscire alla ricerca d’un po’ di carbone, in una fredda notte del tempo di guerra, si trasforma in quête di cavaliere errante, traversata di carovana nel deserto, volo magico, al semplice dondolio del secchio vuoto. Ma l’idea di questo secchio vuoto che ti solleva al di sopra del livello dove si trova l’aiuto e anche l’egoismo degli altri, il secchio vuoto segno di privazione e desiderio e ricerca, che ti eleva al punto che la tua umile preghiera non potrà più essere esaudita, - apre la via a riflessioni senza fine. Avevo parlato dello sciamano e dell’eroe delle fiabe, della privazione sofferta che si trasforma in leggerezza e permette di volare nel regno in cui ogni mancanza sarà magicamente risarcita. Avevo parlato delle streghe che volavano su umili arnesi domestici come può essere un secchio. Ma l’eroe di questo racconto di Kafka, non sembra dotato di poteri sciamanici né stregoneschi; né il regno al di là delle Montagne di Ghiaccio sembra quello in cui il secchio vuoto troverà di che riempirsi. Tanto più che se fosse pieno non permetterebbe di volare. Così, a cavallo del nostro secchio, ci affacceremo al nuovo millennio, senza sperare di trovarvi nulla di più di quello che saremo capaci di portarvi. La leggerezza, per esempio, le cui virtù questa conferenza ha cercato d’illustrare.







SABA

Saba e "la buona carta" alla fine del "gioco"
http://www.raistoria.rai.it/articoli/saba-lo-scrittore-incline-alla-psicoanalisi/12300/default.aspx

UMBERTO SABA
AMAI

Amai trite parole che non uno
osava. M'incantò la rima fiore
amore,
la più antica, difficile del mondo

Amai la verità che giace al fondo,
quasi un sogno obliato, che il dolore
riscopre amica. Con paura il cuore
le si accosta, che più non l'abbandona.

Amo te che mi ascolti e la mia buona
carta lasciata al fine del mio gioco.

(da Mediterranee, 1946)

Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono
di quei sospiri ond’io nudriva ’l core
in sul mio primo giovenile errore
quand’era in parte altr’uom da quel ch’i’ sono,

del vario stile in ch’io piango et ragiono5
fra le vane speranze e ’l van dolore,
ove sia chi per prova intenda amore,
spero trovar pietà, nonché perdono.

Ma ben veggio or sì come al popol tutto
favola fui gran tempo, onde sovente10
di me medesmo meco mi vergogno;

et del mio vaneggiar vergogna è ’l frutto,
e ’l pentersi, e ’l conoscer chiaramente
che quanto piace al mondo è breve sogno.
Petrarca, Canzoniere.





Ma in mezzo agli sciacalli, le pantere, le cagne, le scimmie, gli scorpioni, gli avvoltoi, i serpenti, fra i mostri che guaiscono, urlano, grugniscono entro il serraglio infame dei nostri vizi,

uno ve n'è, più laido, più cattivo, più immondo. Sebbene non faccia grandi gesti, né lanci acute strida, ridurrebbe volentieri la terra a una rovina e in un solo sbadiglio ingoierebbe il mondo.

È la Noia! L'occhio gravato da una lagrima involontaria, sogna patiboli fumando la sua pipa. Tu lo conosci, lettore, questo mostro delicato - tu, ipocrita lettore - mio simile e fratello!
Baudelaire, da I fiori del Male, "Al lettore"

SABA E TRIESTE


UNGARETTI


UNGARETTI POETA DEL CUORE
http://www.raistoria.rai.it/articoli/ungaretti-il-poeta-del-cuore/12085/default.aspx

UNGARETTI MAESTRO DELL'ERMETISMO
http://www.raistoria.rai.it/articoli/ungaretti-maestro-dellermetismo/12029/default.aspx

IL FRATERNO PORTO SEPOLTO DI UNGARETTI
http://www.letteratura.rai.it/articoli-programma/il-fraterno-porto-sepolto-di-ungaretti/26029/default.aspx

UNGARETTI
Il porto sepolto

Vi arriva il poeta
e poi torna alla luce con i suoi canti
e li disperde
Di questa poesia
mi resta
quel nulla
d’inesauribile segreto


Ungaretti spiega "Il porto sepolto"



Pietro Cataldi: Ungaretti e la poesia dell'interiorità

http://rossa.palumbomultimedia.com/?cmd=cerca

sabato 26 settembre 2015

FRANCESCO D'ASSISI E JACOPONE DA TODI


SAN FRANCESCO: LA STORIA




LA RINUNCIA AI BENI PATERNI




IL CANTICO DELLE CREATURE (A. Branduardi)





La cura per l'ambiente nella società contemporanea: il discorso di Greta Thunberg



Francesco nell'iconografia medievale










SAN FRANCESCO NELL'INTERPRETAZIONE DI CACCIARI
(minuti 18:26 - 30,55)




JACOPONE DA TODI
O iubelo del core
http://www.treccani.it/magazine/strumenti/una_poesia_al_giorno/06_13_Jacopone_da_Todi.html


JACOPONE DA TODI, DONNA DE PARADISO





ROBERTO VECCHIONI, FIGLIO, FIGLIO, FIGLIO

mercoledì 23 settembre 2015

LE GUERRE PUNICHE


LE GUERRE PUNICHE







ANNIBALE 



LA STRATEGIA MILITARE DI ANNIBALE



Il Ritratto di Annibale Livio  Ab Urbe Condita XXI - 4

Missus Hannibal in Hispaniam primo statim adventu omnem exercitum in se convertit; Hamilcarem iuvenem redditum sibi veteres milites credere; eundem vigorem in voltu vimque in oculis, habitum oris lineamentaque intueri. Dein brevi effecit ut pater in se minimum momentum ad favorem conciliandum esset. Nunquam ingenium idem ad res diversissimas, parendum atque imparandum, habilius fuit. Itaque haud facile discerneres utrum imperatori an exercitui carior esset; neque Hasdrubal alium quemquam praeficere malle ubi quid fortiter ac strenue agendum esset, neque milites alio duce plus confidere aut audere. Plurimum audaciae ad pericula capessenda, plurimum consilii inter ipsa pericula erat. Nullo labore aut corpus fatigari aut animus vinci poterat. Caloris ac frigoris patientia par; cibi potionisque desiderio naturali, non voluptate modus finitus; vigiliarum somnique nec die nec nocte discriminata tempora; id quod gerendis rebus superesset quieti datum; ea neque molli strato neque silentio accersita; multi saepe militari sagulo opertum humi iacentem inter custodias stationesque militum conspexerunt. Vestitus nihil inter aequales excellens: arma atque equi conspiciebantur. Equitum peditumque idem longe primus erat; princeps in proelium ibat, ultimus conserto proelio excedebat. Has tantas viri virtutes ingentia vitia aequabant, inhumana crudelitas, perfidia plus quam Punica, nihil veri, nihil sancti, nullus deum metus, nullum ius iurandum, nulla religio. Cum hac indole virtutum atque vitiorum triennio sub Hasdrubale imperatore meruit, nulla re quae agenda videndaque magno futuro duci esset praetermissa.

RITRATTO DI ANNIBALE
(Livio, Ab urbe condita, XXI,4)

Annibale, inviato in Spagna, subito al suo primo apparire attirò su di sé l'attenzione di tutto l'esercito; [2] i veterani avevano l'impressione di rivedere Amilcare da giovane: essi vedevano in Annibale i tratti somatici del padre e soprattutto la stessa personalità energica e decisa, che si manifestava nell'espressione del volto e nella vivacità dello sguardo.
 Poi in breve tempo egli fece si che le fattezze del padre in lui riprodotte diventassero solo il motivo di minor importanza per la sua popolarità; [3] mai una medesima indole fu più idonea della sua a cose tra loro del tutto opposte, l'ubbidire e il comandare. Perciò non si sarebbe potuto distinguere facilmente se fosse più caro al comandante o all'esercito; [4] e Asdrubale non preferiva mettere a capo nessun altro, quando si doveva compiere qualche azione con coraggio ed energia, né i soldati sotto la guida di un altro comandante dimostravano più sicurezza e ardimento;[5] aveva il massimo dell'audacia nel cercare i pericoli, e il massimo della prudenza nell'affrontarli; nessuna fatica poteva fiaccare il suo corpo o sopraffare il suo animo; [6] sopportava ugualmente bene il caldo e il freddo; la misura del cibo era determinata dal bisogno naturale e non dall'ingordigia; i periodi di veglia e di sonno erano distinti non dal succedersi del giorno e della notte; [7] era concesso al sonno il tempo che avanzava dall'azione; esso non veniva cercato su di un morbido letto né nel silenzio, molti lo videro che giaceva coperto da un mantello militare per terra in mezzo alle sentinelle e ai corpi di guardia. [8] Il suo modo di vestire non si distingueva fra quello dei suoi pari, mentre si facevano notare le sue armi e i suoi cavalli. Era di gran lunga il più grande dei cavalieri e dei fanti; per primo entrava in battaglia, per ultimo si ritirava. [9] Enormi difetti pareggiavano queste eccezionali virtù: inumana crudeltà, slealtà ancora maggiore di quella dei comuni cartaginesi, nulla di vero, nulla di sacro, nessuno timore degli dei, nessun rispetto dei giuramenti, nessuno scrupolo religioso. [10] Con questo temperamento incline ai vizi e alle virtù, militò per tre anni sotto il comando di Asdrubale, senza mai nulla tralasciare che fosse da farsi e da provvedersi da parte di uno destinato a diventare un grande generale. 

sabato 19 settembre 2015

LA RELIGIONE ROMANA

LA RELIGIONE ROMANA

I SACRIFICI
http://aulalettere.scuola.zanichelli.it/multimedia/2015/04/20/il-sacrificio/

I CULTI DOMESTICI
https://seieditrice.com/res-et-fabula/espansioni-multimediali/la-religione-dei-romani/il-culto-domestico/

I RITI A ROMA
https://seieditrice.com/res-et-fabula/espansioni-multimediali/la-religione-dei-romani/i-riti-che-legano-uomini-e-dei/

RELIGIONI ORIENTALI A ROMA
https://seieditrice.com/res-et-fabula/espansioni-multimediali/la-religione-dei-romani/il-culto-domestico/

Baudelaire


I FIORI DEL MALE



L'ALBATRO



LA FORZA DEL SOGNO
Dimmi, enigmatico uomo, chi ami di più? tuo padre, tua madre, tua sorella o tuo fratello?
– Non ho né padre, né madre, né sorella, né fratello.
– I tuoi amici?
– Usate una parola il cui senso mi è rimasto fino ad oggi sconosciuto.
– La patria?
– Non so sotto quale latitudine si trovi.
– La bellezza?
– L’amerei volentieri, ma dea e immortale.
– L’oro?
– Lo odio come voi odiate Dio.
– Ma allora che cosa ami, meraviglioso straniero?
– Amo le nuvole… Le nuvole che passano… laggiù… Le meravigliose nuvole!
(L’étranger – da Le Spleen de Paris, C. Baudelaire)



venerdì 11 settembre 2015

L'AMOR CORTESE

LA LETTERATURA DELLE ORIGINI
http://online.scuola.zanichelli.it/letterautori/files/2012/05/LetterAutori_Letteratura-origini.pdf


LANCILLOTTO E GINEVRA

LA POESIA PROVENZALE Perché la poesia medievale parla d'amore?
a) L'amore, esaminato in tutte le sue sfaccettature (innamoramento, tradimento, nostalgia, discidium), sin dai tempi di Omero, Saffo e Catullo è stato oggetto del canto poetico.
      La poesia, poi, è l'espressione del sentimento, dell'indagine interiore e il sentimento d'amore, in tutte le sue sfumature, è quello che consente alla dimensione soggettiva di emergere più chiaramente.
b) L'amore inoltre,, nella cornice di inaccessibili castelli, rappresenta la dimensione del sogno, un rifugio necessario a trovare riparo rispetto a una realtà inappagante, fatta di guerra e povertà per i cavalieri.
d) Il servitium amoris è la maniera più semplice  ed esemplificativa per parlare dell'organizzazione dei rapporti interpersonali in età feudale: fedeltà, abnegazione nel servizio, desiderio di ricompensa sono le tappe amorose, e nello stesso tempo sociali, che il cavaliere deve affrontare per ottenere considerazione.


L’AMOR CORTESE
La donna è un essere sublime e irraggiungibile, degno di venerazione.
L’uomo si pone in atteggiamento d’inferiorità rispetto alla donna amata,
presentandosi come suo umile servitore;
la sua sottomissione e obbedienza sono totali (servitium amoris).



Amor cortese e società feudale 

L’amor cortese è la trascrizione metaforica dell’omaggio feudale.
Viene riprodotto perfino il linguaggio:
il trovatore si rivolge all’amata con l’appellativo di midons
derivato da meus dominus, mio signore.
All'immagine della donna creata dalla Chiesa,
(donna-danno, secondo una tradizione misogina
già viva nella cultura giudaica e in quella greco-romana
e che aveva nella triade Eva, Pandora a Elena
un’incarnazione dimostrativa) 
subentra quella creata dall'aristocrazia cavalleresca
e il rapporto d'amore si modella su quello vassallatico.




In bene avanzo ogni giorno e m’affino
perché servo ed onoro la più bella
del mondo (…).
Tanto l’amo di cuore e la desidero,
che per troppo desìo temo di perderla,
se perdere si può per molto amare. (…)
Ma per l’affanno ch’io soffro
dall’amarla non mi distolgo,
bench’ella mi costringa a solitudine.
    Arnaut Daniel


- Nella sua totale devozione, l’amante chiede in cambio dei suoi servigi un privilegium, un beneficium (un saluto, uno sguardo).
- L’amore è perpetuamente inappagato (anche perché spesso la dama è coniugata).
- Non si tratta di un amore spirituale, ma sensuale.
- L’amore è irraggiungibilela sua impossibilità genera sofferenza, tormento perpetuo, ma anche gioia, e pienezza vitale.
-  Si tratta di un amore adultero.
Come teorizza Andrea Cappellano nel De amore, nel rapporto coniugale non può esistere amore sincero.
Il matrimonio è un puro e semplice contratto stipulato per mere ragioni patrimoniali e dinastiche, in cui il sentimento non ha parte alcuna.
Il carattere adultero dell’amore esige il segreto, che tuteli l’onore della donna, mai nominata direttamente dai poeti: al suo nome si allude solo con pseudonimi (senhal), per timore dei "malparlieri”.



Le radici sociali dell’amor cortese,
che implica una rivalutazione della figura femminile,
va cercata nell’ansia di riscatto sociale
e di integrazione dei cavalieri poveri.
Estromessi dall’asse ereditario perché cadetti,
impoveriti per mancanza di guerre
in un periodo di rafforzamento
del potere centrale della monarchia francese,
i cavalieri vivono il passaggio dall’etica feudale della guerra
a quella dell’amore,
con il conseguente cambiamento del codice dei valori:
non solo ardimento e prodezza nelle armi,
ma qualità morali e nobiltà d’animo ora decretano il successo.


Il carattere personale delle virtù cortesi non è semplicemente dato per natura
e neanche acquisito semplicemente con la nascita,
(...)
adesso oltre alla nascita è necessaria anche l'educazione per innestarle

e l'esercizio continuo e volontario per affermarle.

E. Auerbach, Mimesis



   Il cavaliere cerca protezione e prestigio nella corte
cantando l’amore per la dama,
spesso sola a corte per l’assenza del castellano,
impegnato in guerre lontane,
e perciò detentrice di un ruolo di guida nel feudo.
Si rinnova il ruolo del  cavaliere
che diventa cortese - impegnato alla conquista della donna amata
e spinto all’azione da moventi individuali - e anche poeta. 
Il cavaliere-poeta sostituisce il poeta-chierico,
come i temi amorosi si sovrappongono a quelli religiosi.



 Si verificano una laicizzazione dei temi e una sacralizzazione dell’amore
 che diventa una religione, con i suoi riti:
la donna è un’icona sacra verso cui il cavaliere innamorato si genuflette,
pronto a immolarsi fino al sacrificio di sé; Lancillotto ne è un esempio.
 Risulta evidente la discrasia tra la dimensione sacra del teocentrismo medievale
e i temi profani della poesia erotica cortese.
Si tratta di un contrasto che presto esploderà
dando vita a nuove forme poetiche (lo Stilnovo).







I comandamenti dell'amore

Ricordati di evitare soprattutto le menzogne.
Nel dare e nel ricevere piaceri d'amore
mai deve mancare il senso del pudore.
Sii sempre cortese e civile.
Nei piaceri d'amore non sopraffare mai la volontà dell'amante.

A. Cappellano, De amore



LA CORTESIA
http://www.letteratura.rai.it/articoli/cavalleria-la-cultura-cortese/1103/default.aspx


Ho il cuore così pieno di gioia
che tutto mi disnatura;
fiore bianco, vermiglio e giallo
mi pare la gelata,
e col vento e con la pioggia
cresce la mia felicità:
così il mio pregio sale e cresce
 e il mio canto è migliore;
tanto amore ho nel cuore
tanta gioia e dolcezza,
che il gelo mi sembra fiore
e la neve verzura.
(Beranrt de Ventadorn, in Poesia dell'età cortese, Nuova Accademia , Milano)


La poesia cortese e cavalleresca non ha scoperto l’amore, ma gli ha dato un nuovo significato. [...]
Ciò che contraddistingue la poesia cavalleresca nei confronti dell’antichità e dell’alto Medioevo è soprattutto il fatto che l’amore, per quanto spiritualizzato, conserva il suo carattere sensuale ed erotico; e proprio in quanto tale opera la rinascita della personalità morale.
Nuovo, nella poesia cavalleresca, è il culto consapevole dell’amore, il senso che l’amore va protetto e alimentato; nuova è la credenza che l’amore sia la fonte di ogni bontà e bellezza e che ogni atto turpe, ogni bassa inclinazione sia un tradimento verso l’amata. Nuovo è l’intimo e dolce affetto, la pia devozione, che l’amante prova in ogni pensiero per la sua donna; nuova l’infinita, inappagata e inappagabile, perché illimitata, sete d’amore. Nuova è la felicità dell’amore, che è indipendente dalla soddisfazione del desiderio e resta suprema beatitudine anche nel più duro insuccesso. Nuovo infine è l’intenerimento e la femminilizzazione dell’uomo innamorato. Già il fatto che l’uomo faccia la parte del corteggiatore capovolge il primitivo rapporto fra i sessi. Le età arcaiche ed eroiche, in cui bottini di schiave e ratti di fanciulle sono all’ordine del giorno, ignorano il corteggiamento. 

Arnold Hauser L’amor cortese: dame e cavalieri da Storia Sociale dell’arte, vol. I, Einaudi, Torino, 1971





La teoria e la pratica dell'amor cortese ebbero il merito di contribuire a dirozzare il comportamento maschile, fondando un modello di rapporto fra sesso maschile e femminile (per esempio il corteggiamento), che è arrivato fino ad oggi.





VITA DA STREGA!



LA SCUOLA SICILIANA




LA PARODIA DELL'AMOR CORTESE: ROSA FRESCA AULENTISSIMA








DARIO FO: CIELO D'ALCAMO E "IL NOME DELLA ROSA"