La scuola di Atene

La scuola di Atene

mercoledì 28 ottobre 2015

PASOLINI

Pasolini: il mito
http://www.leparoleelecose.it/?p=23962

PASOLINI: VITA E OPERE
http://www.raistoria.rai.it/articoli/muore-pier-paolo-pasolini/23081/default.aspx

MORTE DI PASOLINI
http://youtu.be/BnQL1q3SNtM

O. Fallaci, "E' stato un massacro!"
http://www.pierpaolopasolini.eu/processi_pelosi_massacro.htm

Per colpa della  verità si può anche morire? La risposta è affermativa. Ma altra è l’ulteriore domanda a cui si dovrebbe rispondere: per quale verità Pasolini potrebbe essere stato ucciso? Due le possibili ipotesi, fra loro, del resto, intimamente connesse: innanzitutto, quella sugli attentati che insanguinavano l’Italia e sulla corruzione della classe politica italiana, tanto ch’egli reclamava un “processo” a carico di ministri e politici; ma anche quella sulla morte di Enrico Mattei, momento culminante, almeno nel romanzo incompiuto Petrolio, di un complotto alla cui testa riteneva si collocasse Eugenio Cefis, personaggio dissimulato in Petrolio, sotto il nome di Troya.
Presidente dell’Eni nella seconda metà degli anni Sessanta e quindi a capo della Montedison dal maggio 1971, Cefis aveva usato la sua preminente posizione in campo economico e finanziario, delegatagli dai politici, per organizzare un centro di potere che si avvaleva, in maniera sempre più aggressiva, delle disponibilità del gruppo da lui gestito per annettere a sé uomini, gruppi e mezzi nei diversi settori della vita nazionale. Il “sistema” da lui posto in essere era divenuto progressivamente un vero e proprio potentato, che sfruttando le risorse imprenditoriali pubbliche condizionava pesantemente la stampa, usava illecitamente i servizi segreti dello Stato a scopo d’informazione, praticava l’intimidazione e il ricatto, compiva manovre finanziarie spregiudicate oltre i limiti della legalità, corrompeva politici, stabiliva alleanze con ministri, partiti e correnti.
Il “sistema Cefis” cominciò a declinare, come tale, dalla metà degli anni Settanta fino all’uscita di scena del suo organizzatore nel 1977. Allo stesso tempo, si andava sviluppando il “sistema P2”. Vi sono fra i due “sistemi”elementi di continuità e non pochi sono i punti di contatto tra le due fasi della vita politica italiana, nelle quali hanno avuto un peso rilevante raggruppamenti palesi ed occulti operanti nell’illegalitàSi è parlato della Loggia P2 come di un’organizzazione per delinquere interna alla classe dirigente, e la sua posta in gioco sarebbe stato il potere e il suo esercizio illegittimo e occulto con l’uso di ricatti, di rapine su larga scala, di attività eversive e di giganteschi imbrogli finanziari fino al ricorso alla eliminazione fisica.
Forse, sarà stato un caso che Pier Paolo Pasolini abbia trovato la morte proprio sul finire del 1975. Non si può trascurare il fatto, però, ch’egli avesse affermato di sapere i nomi dei responsabili della “serie di «golpe» istituitasi a sistema di protezione del potere, col suo orrendo corredo di stragi e attentati alle istituzioni, in combutta con servizi segreti stranieri, vecchi generali, per tenere in piedi, di riserva, l’organizzazione di un potenziale colpo di Stato, vecchi fascisti “ideatori di golpe”, giovani neo-fascisti “autori materiali delle prime stragi”, “«ignoti» autori materiali delle stragi più recenti, criminali mafiosi e comuni. Certo, aveva anche affermato di sapere senza averne le prove, ma aveva spiegato di sapere perché era un intellettuale, i cui strumenti del mestiere sono il “cerca(re) di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace”, ed altresì il “…coordina(re) fatti anche lontani, …rimette(re) insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, …ristabili(re) la logica là dove sembrano regnare l’arbitrarietà, la follia e il mistero”.

IL CASO MATTEI
Presidente dell’ENI, muore nel 1962 in un misterioso incidente aereo a Bescapé, in provincia di Pavia: l’aereo sarebbe esploso in volo. Secondo alcuni, il mandante dell'omicidio di Mattei era stato il suo ex braccio destro all'ENI Eugenio Cefis, che pochi mesi prima era stato costretto alle dimissioni dallo stesso Mattei quando questi si sarebbe reso conto che Cefis era manovrato dalla CIA.[49] Pochi giorni dopo l'attentato Cefis fu reintegrato nell'ENI come vicepresidente e successivamente ne divenne presidente stesso. Cefis non fu mai incriminato ufficialmente.
Il mistero della fine di Mattei si complicò dopo la sua morte e arrivò a coinvolgere anche alcune delle persone che ebbero a che fare con Mattei e con l'inchiesta sull'incidente: esse morirono in circostanze misteriose.
Il caso più noto è certamente quello del giornalista Mauro De Mauro, il quale si era mostrato assai disponibile a fornire a Francesco Rosi, autore del noto film dei primi anni settanta su Enrico Mattei, materiale (probabilmente nastri magnetici audio) ritenuto di estremo interesse per la ricostruzione dei fatti che il regista andava raccogliendo come base documentale per la sceneggiatura. Pochissimo prima dell'incontro previsto con Rosi, De Mauro scomparve nel nulla. Ufficialmente considerato un delitto di mafia, il caso De Mauro è riemerso in tempi recenti a seguito delle dichiarazioni di un pentito, Tommaso Buscetta, il quale lo poneva in collegamento con la morte di Mattei.
Per combinazione, la maggior parte degli investigatori che si occuparono della scomparsa di De Mauro, tanto della Polizia quanto dei Carabinieri, effettivamente morirono a loro volta assassinati dalla mafia; il più famoso fra loro era il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, nel frattempo divenuto prefetto di Palermo, e la stessa fine toccò al vicequestore Boris Giuliano, capo della Squadra Mobile della stessa città.
Curiosamente, una delle ultime opere di Pier Paolo Pasolini fu un romanzo dal titolo Petrolio. Lo stesso Pasolini si interessò molto alla figura di Mattei e al mistero della sua morte. Anche Pasolini morì in circostanza poco chiare.

SITOGRAFIA
1) http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/11/08/pier-paolo-pasolini-di-quale-verita-e-morto-veramente/2199913/
2) https://it.wikipedia.org/wiki/Enrico_Mattei#L.27incidente_aereo_e_la_morte




"Le ceneri di Gramsci" è una poesia di Pier Paolo Pasolini, contenuta nella raccolta omonima pubblicata nel 1957.  Il testo è diviso in sei parti. 



Pasolini sulla tomba di Gramsci


Il poeta si trova davanti alla tomba di Antonio Gramsci, politico e pensatore comunista, presso il cimitero degli inglesi a Roma, e dialoga con le sue spoglie, descrivendo un maggio autunnale, che sembra rappresentare il silenzio del presente, "il grigiore del mondo",così lontano dalle speranze del passato, quando il giovane Gramsci "delineava l'ideale che illumina". Da questo primo confronto nascono le riflessioni di Pasolini sulla sua vita e sulla società italiana contemporanea. Emerge il tema pasoliniano del cambiamento della società, avvertito drammaticamente dallo scrittore, che, sempre rivolgendosi a Gramsci, ricorda il mondo rurale, che sta ormai scomparendo. Pasolini rintraccia i tratti di questo mondo in quello proletario e povero delle borgate, quartieri popolari e periferici di Roma, da cui si sente attratto. Il poeta ammira la vita proletaria per "la sua allegria", per "la sua natura", non "la  millenaria sua lotta". A Pasolini il popolo non interessa nella sua lotta di classe e nella sua coscienza di classe, ma nelle sue espressioni più autentiche e vitali, e quindi più sincere.
L’amore per il mondo proletario, destinato a scomparire, risucchiato dalla società dei consumi, è evidente nella malinconica descrizione finale del quartiere operaio Testaccio: gli operai tornano nelle loro case, si accendono rari lumi, i giovani gridano, "fischiano", "giocano" nelle piazze. E Pasolini, osservatore di questo mondo e non partecipe della spensieratezza dei ragazzi, ne constata l’inevitabile declino. La società dei consumi, imponendo nuovi valori e un nuovo linguaggio, è la causa della fine di questo mondo, dal momento che ha omologato i costumi degli italiani, eliminando i tratti più originali del mondo popolare.




(...)      Manca poco alla cena;

brillano i rari autobus del quartiere,
con grappoli d'operai agli sportelli,
e gruppi di militari vanno, senza fretta,

verso il monte (...) nell'ombra (...)

e, non lontano, tra casette
abusive ai margini del monte, o in mezzo

a palazzi, quasi a mondi, dei ragazzi leggeri
come stracci giocano alla brezza
non più fredda, primaverile; ardenti

di sventatezza giovanile la romanesca
loro sera di maggio scuri adolescenti
fischiano pei marciapiedi, nella festa

vespertina (...).

È un brusio la vita, e questi persi
in essa, la perdono serenamente
se il cuore ne hanno pieno: a godersi

eccoli, miseri, la sera: e potente
in essi, inermi, per essi, il mito
rinasce … Ma io, con il cuore cosciente,

di chi soltanto nella storia ha vita,
potrò mai più con pura passione operare,
se so che la nostra storia è finita?
da Pasolini, Le ceneri di Gramsci, VI

http://www.corriere.it/cultura/eventi/2011/secolo-poesia/notizie/pasolini-al-principe_f5e630a8-56f7-11e1-a6d2-3f65acf5f759.shtml


PASOLINI REGISTA

http://www.centrostudipierpaolopasolinicasarsa.it/molteniblog/che-cosa-sono-le-nuvole-unanalisi-di-daniele-gallo/


Che cosa sono le nuvole?

Iago Cosa senti dentro di te? Concentrati bene. Cosa senti?
Otello Sì sì, si sente qualcosa che c'è!
Iago Quella è la verità. Ma, ssh! Non bisogna nominarla, perché appena la nomini, non c'è più.


La storia è una rivisitazione dell'Otello, recitato da un gruppo di marionette (TotòFranco FranchiCiccio IngrassiaNinetto DavoliLaura BettiAdriana Asti), che sulla scena interpretano i ruoli shakespeariani ma che dietro le quinte si pongono delle domande sul perché fanno ciò che fanno. La rappresentazione è interrotta dal pubblico che, nel momento più drammatico, l'omicidio di Desdemona (Laura Betti) da parte di Otello (Ninetto Davoli), irrompe sulla scena e, disapprovando i comportamenti di lui e di Iago (Totò), li fa a pezzi. Il monnezzaro (Domenico Modugno) getta cantando le due marionette in una discarica, dove i due fantocci rimangono incantati a guardare le nuvole e notano la "straziante, meravigliosa bellezza del creato". Il cortometraggio prende il titolo proprio da questa scena finale.
Questo episodio è l'ultima pellicola cinematografica in cui appare Totò ed è l'ultimo film girato dall'artista.
Excipit del film
Otello: Iiih! E che so' quelle?  
Jago: Quelle sono... sono le nuvole...
Otello: E che so' ste nuvole? 
Iago: Mah!
Otello: Quanto so' belle, quanto so' belle... quanto so' belle...
Jago:  Ah, straziante meravigliosa bellezza del creato!


Avion Travel, Cosa sono le nuvole: testo di P.P.Pasolini 

.... il derubato che sorride
ruba qualcosa al ladro
ma il derubato che piange
ruba qualcosa a se stesso
perciò io vi dico
finché sorriderò 

tu non sarai perduta...



MESSAGGIO AI GIOVANI

Non lasciarti tentare dai campioni dell'infelicità,
della mutria cretina, della serietà ignorante. Sii allegro.
(...)
Essi ti insegnano a non splendere. E tu splendi,
invece, Gennariello.
(Pasolini, da Lettere luterane)


Penso che sia necessario educare le nuove generazioni al valore della sconfitta. Alla sua gestione. All'umanità che ne scaturisce. A costruire un'identità capace di avvertire una comunanza di destino, dove si può fallire e ricominciare senza che il valore e la dignità ne siano intaccati. A non divenire uno sgomitatore sociale, non passare sul corpo degli altri per arrivare primo. In questo mondo di vincitori volgari e disonesti, di prevaricatori falsi e opportunisti, della gente che conta, che occupa il potere, che scippa il presente, figuriamoci il futuro, a tutti i nevrotici del successo, dell'apparire, del diventare. A questa antropologia del vincente preferisco di gran lunga chi perde. È un esercizio che mi riesce bene. E mi riconcilia con il mio sacro poco. Ma io sono un uomo che preferisce perdere piuttosto che vincere con modi sleali e spietati. Grave colpa da parte mia, lo so! E il bello è che ho la sfacciataggine di difendere tale colpa, di considerarla quasi una virtù(da un'intervista del 1961 al settimanale Vie nuove)

POESIA DELLA TRADIZIONE (da Trasumanar e organuizzar)
Oh generazione sfortunata!
Cosa succederà domani, se tale classe dirigente -
quando furono alle prime armi
non conobbero la poesia della tradizione
ne fecero un’esperienza infelice perché senza
sorriso realistico gli fu inaccessibile
e anche per quel poco che la conobbero,
dovevano dimostrare
di voler conoscerla sì ma con distacco, fuori dal gioco.
Oh generazione sfortunata!
che nell’inverno del ‘70 usasti cappotti e scialli fantasiosi
e fosti viziata
chi ti insegnò a non sentirti inferiore -
rimuovesti le tue incertezze divinamente infantili -
chi non è aggressivo è nemico del popolo! Ah!
I libri, i vecchi libri passarono sotto i tuoi occhi
come oggetti di un vecchio nemico
sentisti l’obbligo di non cedere
davanti alla bellezza nata da ingiustizie dimenticate
fosti in fondo votata ai buoni sentimenti
da cui ti difendevi come dalla bellezza
con l’odio razziale contro la passione;
venisti al mondo, che è grande eppure così semplice,
e vi trovasti chi rideva della tradizione,
e tu prendesti alla lettera tale ironia fintamente ribalda,
erigendo barriere giovanili contro la classe dominante del passato
la gioventù passa presto; oh generazione sfortunata,
arriverai alla mezza età e poi alla vecchiaia
senza aver goduto ciò che avevi diritto di godere
e che non si gode senza ansia e umiltà
e così capirai di aver servito il mondo
contro cui con zelo «portasti avanti la lotta»:
era esso che voleva gettar discredito sopra la storia - la sua;
era esso che voleva far piazza pulita del passato - il suo;
oh generazione sfortunata, e tu obbedisti disobbedendo!
Era quel mondo a chiedere ai suoi nuovi figli di aiutarlo
a contraddirsi, per continuare;
vi troverete vecchi senza l’amore per i libri e la vita:
perfetti abitanti di quel mondo rinnovato
attraverso le sue reazioni e repressioni, sì, sì, è vero,
ma sopratutto attraverso voi, che vi siete ribellati
proprio come esso voleva, Automa in quanto Tutto;
non vi si riempirono gli occhi di lacrime
contro un Battistero con caporioni e garzoni
intenti di stagione in stagione
né lacrime aveste per un’ottava del Cinquecento,
né lacrime (intellettuali, dovute alla pura ragione)
non conosceste o non riconosceste i tabernacoli degli antenati
né le sedi dei padri padroni, dipinte da
-e tutte le altre sublimi cose
non vi farà trasalire (con quelle lacrime brucianti)
il verso di un anonimo poeta simbolista morto nel
la lotta di classe vi cullò e vi impedì di piangere:
irrigiditi contro tutto ciò che non sapesse di buoni sentimenti
e di aggressività disperata
passaste una giovinezza
e, se eravate intellettuali,
non voleste dunque esserlo fino in fondo,
mentre questo era poi fra i tanti il vostro dovere,
e perché compiste questo tradimento?
per amore dell’operaio: ma nessuno chiede a un operaio
di non essere operaio fino in fondo
gli operai non piansero davanti ai capolavori
ma non perpetrarono tradimenti che portano al ricatto
e quindi all’infelicità
oh sfortunata generazione
piangerai, ma di lacrime senza vita
perché forse non saprai neanche riandare
a ciò che non avendo avuto non hai neanche perduto:
povera generazione calvinista come alle origini della borghesia
fanciullescamente pragmatica, puerilmente attiva
tu hai cercato salvezza nell’organizzazione
(che non può altro produrre che altra organizzazione)
e hai passato i giorni della gioventù
parlando il linguaggio della democrazia burocratica
non uscendo mai della ripetizione delle formule,
ché organizzar significar per verba non si poria,
ma per formule sì,
ti troverai a usare l’autorità paterna in balia del potere
imparlabile che ti ha voluta contro il potere,
generazione sfortunata!
Io invecchiando vidi le vostre teste piene di dolore
dove vorticava un’idea confusa, un’assoluta certezza,
una presunzione di eroi destinati a non morire -
oh ragazzi sfortunati, che avete visto a portata di mano
una meravigliosa vittoria che non esisteva!

(Pasolini, La poesia della tradizione, da Trasumanar e organizzar)



Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.