La scuola di Atene

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giovedì 29 ottobre 2015

DALLA RES PUBLICA ALL'IMPERO

Cesare: l'ascesa e il successo




LA COSTRUZIONE DEL NEMICO


La religiosità dei Galli
Natio est omnis Gallorum admodum dedita religionibus, atque ob eam causam qui sunt adfecti gravioribus morbis quique in proeliis periculisque versantur aut pro victimis homines immolant aut se immolaturos vovent, administrisque ad ea sacrificia druidibus utuntur, quod, pro vita hominis nisi hominis vita reddatur, non posse deorum immortalium numen placari arbitrantur, publiceque eiusdem generis habent instituta sacrificia. Alii immani magnitudine simulacra habent, quorum contexta viminibus membra vivis hominibus complent; quibus succensis, circumventi flamma examinantur homines. Supplicia eorum qui in furto aut in latrocinio aut aliqua noxia sint comprehensi, gratiora dis immortalibus esse arbitrantur; sed cum eius generis copia deficit, etiam ad innocentium supplicia descendunt.

IL DISCORSO DI CRITOGNATO
http://online.scuola.zanichelli.it/candidisoles-files/testi/6393_Candidi-Soles_Cesare_Testo-07.pdf


Cesare: la guerra civile



Cesare: Farsalo, la campagna d'Egitto, la catastrofe per Pompeo



Le Idi di Marzo del 44 a.C.: la morte di Cesare




CLEOPATRA



AUGUSTO




In consulatu sexto et septimo, postquam bella civilia exstinxeram per consensum universorum potitus rerum omnium, rem publicam ex mea potestate in senatus populique Romani arbitrium transtuli. Quo pro merito meo senatus consulto Augustus appellatus sum et laureis postes aedium mearum vestiti publice coronaque civica super ianuam meam fixa est et clupeus aureus in curia Iulia positus, quem mihi senatum populumque Romanum dare virtutis clementiaeque iustitiae et pietatis causa testatum est per eius clupei inscriptionem. Post id tempus auctoritate omnibus praestiti, potestatis autem nihilo amplius habui quam ceteri qui mihi quoque in magistratu conlegae fuerunt. 
(Res gestae Divi Augusti, 34)


"Dopo che, uccisi Bruto e Cassio, lo stato restò disarmato e, con la disfatta di Pompeo in Sicilia, l'emarginazione di Lepido e l'uccisione di Antonio, non rimase a capo delle forze cesariane se non Cesare Ottaviano, costui, deposto il nome di triumviro, si presentò come console, pago della tribunicia potestà a difesa della plebe. Quando ebbe adescato i soldati con donativi, con distribuzione di grano il popolo, e tutti con la dolcezza della pace, cominciò passo dopo passo la sua ascesa, cominciò a concentrare su di sé le competenze del senato, dei magistrati, delle leggi, senza opposizione alcuna: gli avversari più decisi erano scomparsi o sui campi di battaglia o nelle proscrizioni, mentre gli altri nobili, quanto più pronti a servire, tanto più salivano di ricchezza o in cariche pubbliche, e, divenuti più potenti col nuovo regime, preferivano la sicurezza del presente ai rischi del passato. Né si opponevano a quello stato di cose le province: era a loro sospetto il governo del senato e del popolo, per la rivalità dei potenti, l'avidità dei magistrati e le insufficienti garanzie fornite dalle leggi, stravolte dalla violenza, dagli intrighi e, infine, dalla corruzione."
(Tacito, Annales, I, 2,1)

"L'ordinamento dello stato peraltro non fu quello di un regno o di una dittatura, ma si resse sul nome e sull'autorità di un principe. (...)
A ciò si opponeva che l'amore per il padre e l'emergenza dello stato erano serviti come puro pretesto; che aveva, invece, per sete di dominio, mobilitato con distribuzioni di denaro, i veterani, e, ancor giovane e semplice cittadino, si era allestito un esercito."
(Tacito, Annales, I, 9,5 - 10,1)

Si quis matrifamilias aut praetextato praetextataeve comitem abduxisse(t) sive quis eum eamve adversus bonos mores appellasse(t) adsectatusve esse(t) dicetur (adtemptata pudicitia).
(Editto De adtemptata pudicitia)


TITO LIVIO E LA PREFAZIONE AGLI AB URBE CONDITA LIBRI


TACITO: RITRATTO DI TIBERIO 


SVETONIO: RITRATTO DI CALIGOLA

50 Caligola aveva la statura alta, il colore livido, il corpo mal proporzionato, il collo e le gambe estremamente gracili, gli occhi infossati e le tempie scavate, la fronte larga e torva, i capelli radi e
mancanti alla sommità della testa, il resto del corpo villoso. Per queste ragioni, quando passava, era un delitto, punibile con la morte, guardarlo da lontano o dall'alto o semplicemente pronunciare, per un motivo qualsiasi, la parola capre.
Quanto al volto, per natura orribile e ripugnante, si sforzava di renderlo ancora più brutto studiando davanti allo specchio tutti gli atteggiamenti della fisionomia capaci di ispirare terrore e paura. La sua salute non fu ben equilibrata né fisicamente né psichicamente. Soggetto ad attacchi di epilessia durante la sua infanzia, divenuto adolescente, era abbastanza resistente alle fatiche, ma qualche volta, colto da un'improvvisa debolezza, poteva a mala pena camminare, stare in piedi, riprendersi e sostenersi. Lui stesso si era accorto del suo disordine mentale e più di una volta progettò di ritirarsi per snebbiarsi il cervello.
Si crede che sua moglie Cesonia gli fece bere un filtro d'amore, ma che ciò lo rese pazzo.
Soffriva soprattutto di insonnia e non riusciva a dormire più di tre ore per notte e nemmeno in tranquillità, perché era turbato da visioni strane. Una volta, tra le altre, gli sembrò di trovarsi a colloquio con lo spettro del mare. Così, generalmente, per buona parte della notte, stanco di vegliare o di stare sdraiato, ora si metteva seduto sul suo letto, ora vagava per gli immensi portici, attendendo e invocando il giorno.
(De vita Caesarum, 4,50)



NERONE: L'INCENDIO DI ROMA


L'INCENDIO DI ROMA: ALBERTO ANGELA
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-b803a288-e6fd-4340-8fc1-980bbf294986.html

Fu Nerone a volere l'incendio di Roma ?   (Tacito, Annales, Liber  XV, 38 ) 

38. Si verificò poi un disastro, non si sa se accidentale o per dolo dell'imperatore - gli storici infatti tramandano le due versioni - comunque il più grave ed atroce toccato alla città a causa di un incendio. Iniziò nella parte del circo contigua ai colli Palatino e Celio, dove il fuoco, scoppiato nelle botteghe piene di merci infiammabili, subito divampò, alimentato dal vento, e avvolse il circo in tutta la sua lunghezza. Non c'erano palazzi con recinti e protezioni o templi circondati da muri o altro che facesse da ostacolo. L'incendio invase, nella sua furia, dapprima il piano, poi risalì sulle alture per scendere ancora verso il basso, superando, nella devastazione, qualsiasi soccorso, per la fulmineità del flagello e perché vi si prestavano la città e i vicoli stretti e tortuosi e l'esistenza di enormi isolati, di cui era fatta la vecchia Roma. Si aggiungano le grida di donne atterrite, i vecchi smarriti e i bambini, e chi badava a sé e chi pensava agli altri e trascinava gli invalidi o li aspettava; e chi si precipita e chi indugia, in un intralcio generale. Spesso, mentre si guardavano alle spalle, erano investiti dal fuoco sui fianchi e di fronte, o, se alcuno riusciva a scampare in luoghi vicini, li trovava anch'essi in preda alle fiamme, e anche i posti che credevano lontani risultavano immersi nella stessa rovina. Nell'impossibilità, infine, di sapere da cosa fuggire e dove muovere, si riversano per le vie e si buttano sfiniti nei campi. Alcuni, per aver perso tutti i beni, senza più nulla per campare neanche un giorno, altri, per amore dei loro cari rimasti intrappolati nel fuoco, pur potendo salvarsi, preferirono morire. Nessuno osava lottare contro le fiamme per le ripetute minacce di molti che impedivano di spegnerle, e perché altri appiccavano apertamente il fuoco, gridando che questo era l'ordine ricevuto, sia per potere rapinare con maggiore libertà, sia che quell'ordine fosse reale.

Nerone canta la presa di Troia mentre Roma brucia (Tacito, Annales, Liber XV, 39 )
39. Nerone, allora ad Anzio, rientrò a Roma solo quando il fuoco si stava avvicinando alla residenza, che aveva edificato per congiungere il Palazzo coi giardini di Mecenate. Non si poté peraltro impedire che fossero inghiottiti dal fuoco il Palazzo, la residenza e quanto la circondava. Per prestare soccorso al popolo, che vagava senza più una dimora, aprì il Campo di Marte, i monumenti di Agrippa e i suoi giardini, e fece sorgere baracche provvisorie, per dare ricetto a questa massa di gente bisognosa di tutto. Da Ostia e dai comuni vicini vennero beni di prima necessità e il prezzo del frumento fu abbassato fino a tre sesterzi per moggio. Provvedimenti che, per quanto intesi a conquistare il popolo, non ebbero l'effetto voluto, perché era circolata la voce che, nel momento in cui Roma era in preda alle fiamme, Nerone fosse salito sul palcoscenico del Palazzo a cantare la caduta di Troia, raffigurando in quell'antica sciagura il disastro attuale.


La persecuzione dei Cristiani (Tacito, Annales, Liber XV, 44)
Perciò, per far cessare tale diceria, Nerone si inventò dei colpevoli e sottomise a pene raffinatissime coloro che la plebaglia, detestandoli a causa delle loro nefandezze, denominava cristiani. Origine di questo nome era Cristo, il quale sotto l'impero di Tiberio era stato condannato al supplizio dal procuratore Ponzio Pilato; e, momentaneamente sopita, questa esiziale superstizione di nuovo si diffondeva, non solo per la Giudea, focolare di quel morbo, ma anche a Roma, dove da ogni parte confluisce e viene tenuto in onore tutto ciò che vi è di turpe e di vergognoso. Perciò, da principio vennero arrestati coloro che confessavano, quindi, dietro denuncia di questi, fu condannata una ingente moltitudine, non tanto per l’accusa dell'incendio, quanto per odio del genere umano. Inoltre, a quelli che andavano a morire si aggiungevano beffe: coperti di pelli ferine, perivano dilaniati dai cani, o venivano crocifissi oppure arsi vivi in guisa di torce, per servire da illuminazione notturna al calare della notte. Nerone aveva offerto i suoi giardini e celebrava giochi circensi, mescolato alla plebe in veste d’auriga o ritto sul cocchio. Perciò, benché si trattasse di rei, meritevoli di pene severissime, nasceva un senso di pietà, in quanto venivano uccisi non per il bene comune, ma per la ferocia di un solo uomo.”

LA MORTE DI SENECA
http://www.filosofico.net/Antologia_file/AntologiaT/tacito1.htm


LEX DE IMPERIO VESPASIANI
http://hubmiur.pubblica.istruzione.it/alfresco/d/d/workspace/SpacesStore/f681de33-ebfb-4dee-ab74-a0ef083df4fb/prof.ssa_elena_tassi-la_lex_de_imperio_vespasiani1.pdf

http://online.scuola.zanichelli.it/lineamentidistoria-files/Vol_2/PDF_testimoni/LdS2_LexdeImperio.pdf

http://www.treccani.it/scuola/lezioni/in_aula/storia/vespasiano/mori_vespasiano.html


LA COLONNA TRAIANA



MARCO AURELIO: L'IMPERATORE FILOSOFO




LA COLONNA AURELIANA



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