La scuola di Atene

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lunedì 4 aprile 2016

LONGOBARDI E FRANCHI

« Ab intactae ferro barbae longitudine [...] ita postmodum appellatos. Nam iuxta illorum linguam "lang" longam, "bart" barbam significat. »

« Furono chiamati così [...] in un secondo tempo per la lunghezza della barba mai toccata dal rasoio. Infatti nella loro lingua lang significa lunga e bart barba. »
(Paolo Diacono, Historia Langobardorum, I, 9)

TRAGITTO MIGRATORIO DEI LONGOBARDI
Tappe fondamentali: Scandinavia, Pannonia (Ungheria), Italia.

























Figlia di Cunimondo, che era il re dei Gepidi, nacque quando il suo popolo era stanziato in Pannonia, in conflitto con i Longobardi. Nel 567 Cunimondo venne sconfitto e ucciso in battaglia da Alboino, re dei Longobardi. Dopo la sconfitta dei Gepidi, Alboino sposò Rosmunda, probabilmente per legare a sé i guerrieri superstiti di quel popolo. La nuova regina seguì Alboino in Italia, nel 568.
Narra Paolo Diacono, nel secondo libro della sua Historia Langobardorum, che Rosmunda organizzò la congiura che uccise Alboino, nel 572, in collaborazione con il nobile del seguito regale e suo amante, Elmichi.


Secondo la leggenda, dopo una notte di gozzoviglie a Verona, nella reggia che era stata di Teodorico, Alboino bevve vino in una coppa ottenuta dal cranio del padre di Rosmunda, Cunimondo, e costrinse perfino la moglie a imitarlo. Per vendicarsi, quest'ultima legò al suo fodero la spada del marito, che all'arrivo dei congiurati guidati da Elmichi , non poté difendersi..

Più prosaicamente, dietro alla leggenda Jörg Jarnut legge l'episodio come un tentativo di usurpazione da parte di Elmichi, appoggiato dalla regina, da alcuni guerrieri longobardi e gepidi aggregati all'esercito e appoggiato da Bisanzio. Infatti, secondo l'uso praticato dai longobardi, la regina vedova poteva scegliere il nuovo re, legittimandolo con un nuovo matrimonio: così fece Rosmunda con Elmichi.

La scelta, ovviamente, avveniva su indicazione dell'assemblea dei guerrieri. Rosmunda trasmise il potere a Elmichi, appoggiato da una parte del popolo longobardo. La maggioranza, però, non gradì la scelta e un'altra assemblea dei guerrieri, convocata a Pavia, elesse Clefi. Rosmunda fuggì, allora, a Ravenna, con Elmichi e con il tesoro longobardo.

A Ravenna i due regicidi si sposarono, ma presto vennero divisi dall'odio (forse anche a causa di una relazione di Rosmunda con il prefetto bizantino, Longino). Rosmunda tentò di avvelenare Elmichi ma questi, bevuto un sorso dalla coppa avvelenata, si rese conto dell'inganno e obbligò Rosmunda a bere a sua volta. Anche questa parte del racconto è di derivazione leggendaria. I fuggitivi potrebbero non aver neanche raggiunto Ravenna: Gregorio di Tours, contemporaneo degli avvenimenti, scrive infatti (Storie, IV, 41) che furono raggiunti e uccisi durante la fuga.

Paolo Diacono (Cividale del Friuli, 720 – Montecassino, 799) è stato un monaco, storico, poeta e scrittore longobardo di espressione latina.
Nel 774 visse il crollo del regno longobardo ad opera di Carlo Magno. Per ottenere la liberazione del fratello, catturato dai Franchi, scrisse in onore di Carlo Magno un'epistola metrica: Ad regem. Ottenne ciò che chiedeva, ma come condizione entrò al servizio del re Carlo Magno, presso la corte di Aquisgrana,dove fu fra i protagonisti della "rinascita carolingia" con Alcuino, monaco inglese
Paolo Diacono riuscì a scappare e si fece monaco a Montecassino, dove scrisse l'Historia Langobardorum, in cui narra, fra mito e storia, le vicende del suo popolo, dalla partenza dalla Scandinavia all'arrivo in Italia. 

Gregorio di Tours (Clermont-Ferrand, 538 circa – Tours, 17 novembre 594) fu un cronista ed agiografo gallo-romano, nonché vescovo di Tours.
Il suo lavoro principale fu l' Historia Francorum, in dieci libri, ma è anche conosciuto per i suoi resoconti sui miracoli dei Santi.

LA FINE DEL REGNO LONGOBARDO


EGINARDO, Vita di Carlo Magno

22. Di corpo era grande e robusto, alto di statura, senza essere sproporzionato – a quanto risulta, la sua altezza corrispondeva a sette volte la lunghezza del suo piede –; aveva testa rotonda, occhi molto grandi e vivaci, naso un po’ più lungo del normale, bei capelli bianchi, uno sguardo allegro e cordiale. Era un aspetto che gli conferiva grande autorevolezza, sia quando stava in piedi, sia quando sedeva; e i suoi difetti (il collo appariva grosso e corto, e il ventre troppo sporgente) li nascondeva l’armonia dell’insieme. Aveva passo fermo e portamento virile; la voce era acuta, ma poco adatta a un uomo della sua corporatura. 
Godeva di buona salute, tranne negli ultimi quattro anni prima della morte, quando era spesso colto di febbri; alla fine zoppicava anche da un piede . Anche allora, però, preferiva fare di testa sua che seguire i consigli dei medici: li detestava perché volevano convincerlo a rinunciare agli arrosti, cui era abituato, e a passare ai lessi.
Andava spesso a cavallo e a caccia, attività che gli erano congeniali, perché sulla terra sarebbe difficile trovare un popolo che in questo campo possa uguagliare i Franchi. Gli piacevano anche le acque termali calde, dove praticava spesso il nuoto; e a nuotare era così abile che nessuno potrebbe essergli a buon diritto considerato superiore. Anche per questo fu ad Aquisgrana che fece costruire la reggia, e lì passò costantemente gli ultimi anni di vita, fino alla morte. Alle terme invitava non solo i figli, ma anche i maggiorenti e gli amici, e talvolta anche una quantità di suoi uomini e guardie del corpo, tanto che capitava che cento e più persone facessero il bagno insieme.   

25. Aveva un’eloquenza ricca e prorompente, ed era in grado di esprimere con la massima chiarezza tutto ciò che voleva. Non si accontentò di conoscere la sua lingua materna, ma si impegnò anche nello studio delle lingue straniere: il latino lo imparò così bene che lo usava nei discorsi come la sua propria lingua, il greco riusciva a capirlo meglio che a parlarlo. Aveva parola così sciolta che poteva apparire anche mordace. 
Studiò con grande diligenza le arti liberali; ne venerava i maestri, (…) ebbe come maestro Albino, detto anche Alcuino, anch’egli diacono, un sassone della Britannia dottissimo in ogni campo. Con lui passava molto tempo, impegnandosi nell’apprendimento della retorica, della dialettica e soprattutto dell’astronomia: studiava l’arte del computo, e indagava con grande passione e acuto interesse le leggi del movimento degli astri.
Si sforzava anche di scrivere, e per questo teneva tutto intorno al letto, sotto i cuscini, tavolette e quaderni, per esercitarsi a tracciare l’alfabeto quando aveva del tempo libero. Ma iniziò al momento sbagliato, quando ormai era troppo tardi, e la fatica servì a poco.  


26. La religione cristiana, che gli era stata inculcata fin dall’infanzia, la praticò e la sostenne con sommo rispetto e devozione. Per questo costruì ad Aquisgrana una basilica di grande e varia bellezza, che impreziosì con oro e argento, con lampadari, con balaustre e porte di bronzo massiccio. Poiché non poteva procurarsi altrove le colonne e i marmi per costruirla, li fece trasportar via da Roma e Ravenna. Alla chiesa si recava assiduamente, al mattino e alla sera, e anche per le funzioni notturne e per la messa, almeno fino a quando la salute glielo permise. Si preoccupava molto che tutte le funzioni si svolgessero con il massimo decoro, e raccomandava in continuazione ai custodi di non far entrare o tenere nella chiesa nessun oggetto di brutto aspetto o di cattiva qualità. (…)

LA MINUSCOLA CAROLINA

LA FINE DELL'IMPERO CAROLINGIO E NASCITA DEL FEUDALESIMO

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