La scuola di Atene

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giovedì 18 ottobre 2018

LA SOCIETÀ DELLO SPETTACOLO


I greci innamorati ci lasciarono la statua di Venere,
noi lasceremo il cancan litografato sugli scatolini da fiammiferi. Non discutiamo nemmeno sulle proporzioni; l’arte allora era una civiltà, oggi è un lusso: anzi un lusso da scioperati.
(G. Verga, Prefazione a Eva, 1873)

E. Degas, Ballerina con bouquet, 1877

Con i personaggi di Eva e Enrico Lanti, Verga affronta il problema della crisi dell’arte nella società industriale, in cui dominano gli interessi materiali. La ballerina diventa per l’artista oggetto di identificazione simbolica, rappresenta la sua dipendenza dal mercato. Come, infatti, la ballerina deve il suo successo ai gusti di un pubblico pagante, così l’artista, lo scrittore dipende dal mercato, dai gusti dei lettori, dalle imposizioni dell’industria editoriale che, a sua volta, dalle tendenze del pubblico è condizionata. Il senso sacro dell’arte è ora degradato a mera esibizione, spettacolo, esposizione di sé come merce offerta a chi spende; perciò le metafore dell’artista ora sono costituite da ballerine, clown, saltimbanchi. E il genio creativo è sostituito dal virtuosismo tecnico, dall’artificio di un’arte che “vende” se sta alle regole del gioco industriale, ma che perde, così, i suoi stessi connotati di arte per diventare “prodotto”.
In un’atmosfera di Banche e Imprese industriali  - conclude Verga - non c’è più spazio per l’arte, ma solo per gli affari, per gli utili.

Nella società contemporanea si assiste ad una dilatazione esponenziale del rapporto tra spettacolo e realtà, mediato dal capitale.
Lo spettacolo è l'erede di tutta la debolezza del progetto filosofico occidentale.
[…]
Il capitalismo nella sua forma ultima si presenta come una immensa accumulazione di spettacoli in cui tutto ciò che era direttamente vissuto si è allontanato in una rappresentazione. […]
Lo spettacolo è un rapporto sociale fra persone, mediato attraverso le immagini. […]
Lo spettacolo è il capitale a un tale grado di accumulazione da divenire immagine. […]
Lo spettacolo si è mescolato a ogni realtà, permeandola. Com’era prevedibile in teoria, l’esperienza pratica del compimento sfrenato della volontà e della ragione mercantile mostra, rapidamente e senza eccezioni, che il diventar-mondo della falsificazione era anche un diventar-falsificazione del mondo.
Se si eccettua un’eredità ancora consistente, ma destinata a ridursi sempre più, di libri e edifici antichi che, del resto, sono sempre più spesso selezionati e messi in prospettiva secondo la convenienza dello spettacolo, non esiste più nulla, nella cultura e nel mondo, che non sia stato trasformato e inquinato secondo i mezzi e gli interessi dell’industria moderna.
(Guy Debord, La società dello spettacolo, 1967)

L’invasione dello spettacolo
Debord, dopo aver proposto una serie di definizioni di “spettacolo”, mostra come esso domini la realtà e finisca per sostituirla (lo spettacolo si è mescolato a ogni realtà, permeandola), causando un diventar-falsificazione del mondo. Infatti contamina anche le relazioni umane, sempre più filtrate dalle immagini piuttosto che dagli incontri. 
Secondo Debord, inoltre,  nulla sopravvive nella cultura e nel mondo, che non sia stato trasformato e inquinato secondo i mezzi e gli interessi dell’industria moderna.

Un manifesto di idee
Il brano proposto è di tipo saggistico, procede per aforismi, brevi affermazioni, come una sorta di “manifesto”. Debord riprende una celebre frase di Marx, (il capitalismo nella sua forma ultima si presenta come un a immensa accumulazione di merci) e sostituisce alla parola merci, la parola spettacoli, lasciando per il resto inalterata la frase di Marx.
L’accumulazione del capitale e l’espansione delle tecnologie, secondo Debord della comunicazione hanno permesso di spingere il “feticismo delle merci” ad un grado prima impensabile. La spettacolarizzazione del proprio sé  - oggi sui social - incrementa la struttura stessa del capitale.
Ne deriva, d’altra parte, un forte condizionamento delle relazioni umane nella società spettacolarizzata: lo spettacolo è un rapporto sociale fra individui mediato dalle immagini
E la società che poggia sull’industria moderna non è fortuitamente o superficialmente spettacolare, è fondamentalmente “spettacolista”, osserva G. Debord. 

La sovraesposizione mediatica della dimensione intima viene, di conseguenza, spesso commercializzata (attraverso pubblicità sui siti, con la nascita di nuove professioni legate alla esposizione della vita privata: influencer, you tuber).
Nel contempo lo spettatore è oggi completamente dominato dal flusso delle immagini che si è ormai sostituito alla realtà, egli è immerso in un mondo virtuale nel quale la distinzione tra vero e falso ha perso ogni significato. L'uomo preferisce essere spettatore più che protagonista:

a un concerto non vive la musica, riprende lo spettacolo e lo vede dal filtro del suo smartphone. Nel flusso delle immagini selezionate dai media, poi, è vero ciò che lo spettacolo ha interesse a mostrare. Tutto ciò che non rientra nel flusso delle immagini selezionato dal potere, è falso, o non esiste. 
Situazione reale in Libia
Immagine pubblicitaria sulla Libia
Quando l’immagine costruita e scelta da “qualcun altro” è diventata il rapporto principale dell’individuo col mondo, che egli prima guardava da sé da ogni luogo in cui poteva andare, evidentemente non si ignora che l’immagine reggerà tutto. […] Il flusso delle immagini travolge tutto, e analogamente è qualcun altro a dirigere a suo piacimento questa sintesi semplificata del mondo sensibile. (Commentari sulla Società dello Spettacolo).
Ne consegue una trasformazione diretta dello spettatore in consumatore-cliente: mostrare un dato da un solo punto di vista a fini propagandistici e pubblicitari significa, per converso, occultare intenzionalmente tutti gli altri aspetti che pure connotano quel dato, ma che non risultano funzionali alle strategie di marketing adottate ai fini di un incremento dei profitti.

Come l’immagine si sostituisce alla realtà, la visione dello spettacolo si sostituisce alla vita. I consumatori piuttosto che fare esperienze dirette, si accontentano di osservare nello spettacolo tutto ciò che a loro manca. Per questo lo spettacolo è il contrario della vita. Debord descrive in questi termini tale alienazione del consumatore: più egli contempla, meno vive; più accetta di riconoscersi nelle immagini dominanti del bisogno, meno comprende la sua propria esistenza e il suo proprio desiderio. (La Società dello Spettacolo).


 Il testo di Debord è molto attuale, descrive ciò che è oggi in atto, cioè la scomparsa del mondo delle cose e dell’esperienza concreta, rimpiazzati da una realtà sempre più virtuale. L’autore francese anticipa anche l’idea del collasso delle tradizionali forme culturali e intellettuali (libri, monumenti antichi) a vantaggio dello spettacolo. Si pensi al successo di trasmissioni come “Il grande fratello” o “L’isola dei famosi” o, ancora, “C’è posta per te”:
si tratta di format costruiti sulla spettacolarizzazione del privato, della vita e dei sentimenti, con una speculazione capitalistica in termini di ascolti e, dunque, di guadagni. È un processo che somiglia molto alla realtà distopica descritta da Ray Bradbury in Fahrenheit 451, dove case con pareti interattive creavano una confluenza costante tra spettacolo e vita reale.

Vanni Codeluppi, sviluppa ulteriormente il pensiero di Debord, introducendo la categoria di iperrealtà.

Le tecnologie digitali hanno finito con il sostituirsi alla realtà, perché pur non essendo vere, vengono considerate più affascinanti e convincenti. Ascoltare un concerto nella propria abitazione attraverso la sua riproduzione in digitale con un impianto ad alta qualità, consente di ascoltare nel luogo dove i musicisti hanno suonato e, al contempo, tuttavia, senza i problemi che si percepirebbero se si fosse realmente presenti al concerto: rumori dovuti agli altri spettatori, errori dei musicisti, distrazioni prodotte dall’ambiente. L’esperienza che si fa a casa, dunque, grazie al digitale, può essere più reale della realtà, iperreale.
L’acme di questo processo di sostituzione del virtuale al reale è raggiunto, nota Codeluppi, da una particolare forma di cura: ormai ci si preoccupa, dunque, più che essere attraenti dal vero, di risultare attraenti all’interno dei social, in una rappresentazione che non corrisponde alla realtà.

Recentemente Roberto Calasso e Maurizio Ferraris,

infine, hanno ampiamente dimostrato che una società dello spettacolo e della sovraesposizione del sé, contribuisce in modo esponenziale ai guadagni dei mercati, fornendo gratis al sistema dei Big Data quantità enormi di dati e informazioni che il mercato sfrutta.

La deriva attuale, osserva a tale proposito Vanni Codeluppi in Il tramonto della realtà, sta nel fatto che secondo un male inteso principio di trasparenza ("Io non ho niente da nascondere!"), oggi le persone ritengono di avere un valore nella società solamente quando sono connesse alle altre sul web e si sottopongono, perciò, in modo costante allo sguardo di altri occhi. E, va detto, c'è un intreccio diretto tra la spinta individuale ad esporsi e il condizionamento a farlo da parte dell'industria pubblicitaria, che fornisce un grande sostegno economico ai media in cambio di una conoscenza chiara e dettagliata di tutti i tratti del pubblico cui i media si rivolgono, in modo da indirizzare i messaggi pubblicitari con sempre maggiore precisione e definizione.
I dati che si accumulano e che lasciano tracce di noi, una volta raccolti ed elaborati da opportuni algoritmi, possono dare vita a dei "metadati". Producono, cioè ulteriori informazioni. Attraverso i nostri semplici "like" noi forniamo gratis informazioni  sui nostri gusti, sulla nostra personalità, consentendo al sistema dei Big Data di comprendere e interpretare molti dei nostri desideri più profondi di cui noi stessi, forse, non siamo pienamente consapevoli.


Bibliografia e sitografia
Per le riflessioni su Verga, cfr. Luperini, Cataldi, Marchiani, Marchese, Le parole e le cose, vol. 3°, Palumbo editore, 2016
Guy Debord, La società dello spettacolo, 1967
Per le osservazioni su Debord cfr. Cataldi, Angioloni, Panichi, L’esperienza della letteratura, vol.3b, Palumbo editore, 2012 e http://www.filosofico.net/debord.htm
Per il concetto di iperrealtà, cfr. Vanni Codeuppi, Il tramonto della realtà, Carocci, 2018
 Per il rapporto tra soggetti e Big Data cfr. Maurizio Ferraris, Mobilitazione totale, Laterza, 2015 e 
Roberto Calasso, L’innominabile attuale, Adelphi, 2017.

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