La scuola di Atene

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mercoledì 17 gennaio 2018

FRANZ KAFKA

Gli scritti di Kafka sono percorsi da un'atmosfera allucinata, segnata dall'incubo e dall'assenza di significato: l'uomo è schiacciato da meccanismi misteriosi e da logiche arbitrarie. 


La punizione, la repressione, il senso di colpa diventano condizione assoluta dell'individuo, sopraffatto da un senso di sofferenza e di oppressione:
è questa l'insensatezza della vita nella società moderna.

DAVANTI ALLA LEGGE (1914)
https://seieditrice.com/trame-e-temi/files/2011/06/TT_NBreve_Kafka.pdf


Dal nome dell'autore deriva il termine "kafkiano", un neologismo della lingua italiana che indica una situazione paradossale, e in genere angosciante, che viene accettata come normale, implicando l'impossibilità di qualunque reazione tanto sul piano pratico quanto su quello psicologico. 
Ne è un esempio la metamorfosi di Gregor Samsa in insetto: il personaggio non è tanto preoccupato della perdita delle sue fattezze umane, quanto dall'ansia di fare tardi al lavoro e dalla vergogna di presentarsi con il suo aspetto raccapricciante ai genitori.

L'assurdo irrompe nella quotidianità e diventa un dato di fatto con cui Gregor convive.
L'insetto che conserva sentimenti e facoltà umane sembra un'eredità dell'antica favola di Esopo e Fedro e apparentemente fa riferimento alle allegorie animali, tipiche del genere favolistico.
Tuttavia l'allegorismo kafkiano è molto particolare: non comunica un messaggio o una tesi precisa e razionale, come faceva l'allegoria tradizionale, ma esprime un bisogno di significato che, però, resta senza risposta.

Cfr.: IL RISVEGLIO DI GREGOR SAMSA
https://novecentoinrete.files.wordpress.com/2011/03/la-metamorfosi-franz-kafka.pdf

GREGOR AGGREDITO DAL PADRE (pp.24-25)
http://www.webbati.altervista.org/materiali/metamorfosi.pdf


IL "PERTURBANTE" FREUDIANO
Con tale definizione Freud indica i fenomeni che procurano, per il modo in cui si manifestano, un'indefinibile sensazione di angoscia, turbamento e inquietudine.

Secondo il padre della psicanalisi, nelle favole - che sono il regno della fantasia - non sono perturbanti molte fatti che risulterebbero tali nella vita reale. Le anime dell'Inferno di Dante o le apparizioni soprannaturali nell'Amleto, nel Macbeth  o nel Giulio Cesare di Shakespare, possono essere tetre e terrificanti, ma non per questo sono più inquietanti del mondo degli dei omerici. (...)
Noi conformiamo il nostri giudizio alla realtà fantastica impostaci dallo scrittore e consideriamo anime, spiriti e fantasmi come se la loro esistenza fosse altrettanto valida quanto la nostra propria esistenza materiale. (...)
La situazione si trasforma non appena lo scrittore finge di trasferirsi nel mondo della realtà corrente.
(cfr. S. Freud, Psicoanalisi dell'arte e della letteratura)
L'inquietudine generata dal perturbante, quindi, ci coglie quando in un contesto noto, naturale, familiare, si inserisce un elemento estraneo, non riconoscibile.
Kafka descrive una realtà per certi aspetti ordinaria, riconoscibile, nella quale, tuttavia, innesta l'elemento di disturbo, l'incongruo che vanifica ogni sforzo volto a controllarlo, che fa emergere l'atavica paura umana dell'impotenza, dell'impossibilità di gestire gli eventi imponderabili della vita.
L'inspiegabile ci pone di fronte al baratro del nostro inconscio.



La critica del Novecento ha coniato la formula di "allegorismo vuoto": come ogni autore allegorico, Kafka rappresenta una vicenda per "dire altro", ma questo "altro" resta indecifrabile e dunque indicibile. Il significato è fuggito dalla vita e ne resta solo l'esigenza.
Alla base di questa visione dell'esistenza ci sono radici psicologiche (il complesso rapporto di Kafka con il padre), culturali (il senso di esclusione legato alle origini ebraiche di Kafka, l'obbedienza mistica a una Legge inaccessibile alla ragione moderna), professionali (la sua attività di impiegato di inserisce in un'atmosfera di spersonalizzazione, frustrazione e anonimato molto diffusa nel Decadentismo).
Walter Benjamin conia l'espressione "allegoria vuota", apprezzando l'arte di Kafka come il punto massimo di espressione dell'insensatezza dell'esistenza umana, della frattura tra le parole e le cose, della scissione dei significati rispetto a parametri di valori universali.
György Lukács, invece, valuta negativamente i procedimenti allegorici kafkiani, perché nella rinuncia a rivelare un significato, e dunque, nell' "allegoria vuota"ci sarebbe una resa all'insignificanza e alla crisi.



BIOGRAFIA
http://www.raiscuola.rai.it/articoli/franz-kafka-la-vita/6962/default.aspx


LETTERA AL PADRE
Scritta nel 1919 e mai consegnata al destinatario, Lettera al padre ripercorre la storia di un rapporto assolutamente squilibrato tra un padre troppo forte e un figlio troppo debole. Una lotta impari. Da una parte c'è una figura che incarna l'autorità assoluta, distante e brutale, dall'altra un figlio pieno di paure, che desidera con tutto se stesso l'affetto del padre, ma che non ha il coraggio di conquistarselo. Così, in pagine di forte impatto emotivo, Kafka confessa la sua natura di figlio incompreso, insicuro e inadeguato, schiacciato dalla personalità di un uomo che ha l'aspetto enigmatico del tiranno. Uno spietato atto d'accusa, e insieme l'accorato appello di chi non può rinunciare alla speranza di una riconciliazione.
http://online.scuola.zanichelli.it/candidisoles-files/percorsi/6393_Candidi-Soles_Terenzio_Percorso.pdf

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