Il romanzo storico: il "vero storico" e il "vero poetico"
http://www.digila.it/public/iisbenini/transfert/Bernazzani/4B%20SIA/Materiale/Lettera%20a%20Chauvet.pdf
I PROMESSI SPOSI ... IN PILLOLE
L'interpretazione di Lucio Villarihttp://www.raistoria.rai.it/articoli/manzoni-poesia-e-storia/29401/default.aspx
L'interpretazione di A. Asor Rosa
https://www.youtube.com/watch?v=II3_J8zm91I
Manzoni, Proust: il padre dov'è?
http://www.ildue.it/public/Thesaurus/Thesauruspagina.asp?IDPrimoPiano=668
I personaggi storici nel romanzo: la Monaca di Monza
https://it.m.wikisource.org/wiki/I_promessi_sposi_(1840)/Capitolo_IX
DON ABBONDIO E I BRAVI
DIALOGO TRA RENZO E DON ABBONDIO
IL PERSONAGGIO DI RENZO
IL PERSONAGGIO DI LUCIA
RENZO E IL DOTTOR AZZECCAGARBUGLI
RENZI E LE PAGINE MANZONIANE SU AZZECCAGARBUGLI
LA CONVERSIONE DI PADRE CRISTOFORO
FRA CRISTOFORO E DON RODRIGO
DON RODRIGO
ADDIO, MONTI
ADDIO, PATRIA: ESSERE MIGRANTI NEL 2000
http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntate/partire-ritornare/692/default.aspx
Tahar Ben Jelloun, All'alba
il dolore è stanco
All'alba il dolore è stanco
il corpo si abbandona sulla terra umida.
Lento dalla ferita sorge il sole
mentre la notte ha già preso il largo su una scialuppa
di fortuna.
Forse questa giornata approderà su un colle
e gli uomini si chineranno a raccogliere
frutti di generazioni mandate al sacrificio.
il corpo si abbandona sulla terra umida.
Lento dalla ferita sorge il sole
mentre la notte ha già preso il largo su una scialuppa
di fortuna.
Forse questa giornata approderà su un colle
e gli uomini si chineranno a raccogliere
frutti di generazioni mandate al sacrificio.
Sono venuto nel tuo paese con il cuore in mano
Espulso dal mio,
Un po' volontariamente e un po' per bisogno
Sono venuto,
Siamo venuti per guadagnarci da vivere,
Per salvaguardare la nostra sorte,
Guadagnare il futuro dei nostri figli,
L'avvenire dei nostri anni già stanchi,
Guadagnarci una prosperità
che non ci faccia vergognare,
Il tuo paese non lo conoscevo
E' un immagine...
Un miraggio, credo, ma senza sole...
Siamo arrivati qui ad informare,
con un canto di follia nella testa...
E già la nostalgia e i frammenti del sogno...
Sopravviviamo tra l'officina
o il cantiere e i pezzi del sogno
Il nostro cibo, la nostra dimora
Dura l'esclusione
Rara la parola rara la mano tesa.
Espulso dal mio,
Un po' volontariamente e un po' per bisogno
Sono venuto,
Siamo venuti per guadagnarci da vivere,
Per salvaguardare la nostra sorte,
Guadagnare il futuro dei nostri figli,
L'avvenire dei nostri anni già stanchi,
Guadagnarci una prosperità
che non ci faccia vergognare,
Il tuo paese non lo conoscevo
E' un immagine...
Un miraggio, credo, ma senza sole...
Siamo arrivati qui ad informare,
con un canto di follia nella testa...
E già la nostalgia e i frammenti del sogno...
Sopravviviamo tra l'officina
o il cantiere e i pezzi del sogno
Il nostro cibo, la nostra dimora
Dura l'esclusione
Rara la parola rara la mano tesa.
Nato a Fes, in
Marocco,nel 1944, Tahar Ben Jelloun ha trascorso la sua adolescenza a Tangeri e ha compiuto gli
studi di filosofia a Rabat, dove ha scritto in francese le sue prime poesie,
raccolte in Hommes sous linceul de silence (1971). In Marocco ha insegnato filosofia,
ma a causa dell'arabizzazione dell'insegnamento (e non essendo egli abilitato
alla pedagogia in lingua araba), nel 1971 si è trasferito a Parigi dove tre
anni dopo ha ottenuto un dottorato in psichiatria sociale sulla confusione
mentale degli immigrati ospedalizzati, che verrà pubblicata col titolo
L'estrema solitudine. La sua esperienza di psicoterapeuta sarà anche riversata
nel romanzo La Réclusion solitaire (La reclusione solitaria, 1976). Nel
frattempo ha continuato a scrivere, sempre esclusivamente in lingua francese,
collaborando regolarmente col quotidiano Le Monde. Il primo romanzo, Harrouda è
del 1973. Oggi è padre di quattro figli. È molto noto in Italia per i suoi
numerosi romanzi e per i suoi articoli. Con il Premio Goncourt assegnatogli per
"La Nuit sacrée" nel 1987, è divenuto lo scrittore straniero
francofono più conosciuto in Francia. Interviene con dibattiti e articoli sui
problemi della società, soprattutto sul problema della periferia urbana e del
razzismo. Con il libro Il razzismo spiegato a mia figlia e per il profondo
messaggio che tale libro ha trasmezzo, gli è stato conferito dal segretario
delle Nazioni Unite il Global Tolerance Award. Nel 2006 ha vinto il Premio
Internazionale TRIESTE-POESIA. Le sue opere più importanti sono:"Creatura
di sabbia" (1987);"Nadja"(1996);"Ospitalità
francese"(1984)
LA NOSTALGIA GLOBALE: L'INTERPRETAZIONE DI FEDERICO RAMPINI
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2012/03/28/la-nostalgia-globale-il-mal-di.html
È il vero male del secolo, la nuova patologia diffusa dalla globalizzazione? Ha un nome antico: "Nostalgia di casa". Nell'Ottocento, all'alba delle migrazioni mondiali legate alla prima rivoluzione industriale, era un termine medico, usato nelle riviste scientifiche come descrizione di una vera malattia. Oggi viviamo nell' epoca delle migrazioni "2.0", un salto di civiltà ci ha trasportati in un universo senza frontiere e senza distanze. Mai prima d'ora l' umanità ha avuto tanta facilità a spostarsi e a comunicare. Emigranti poveri in fuga dal sottosviluppo o dalle guerre; espatriati di professione; "cervelli" che si spostano all' estero in cerca di migliori opportunità scientifiche. La tipologia è vasta, ma si scopre che non siamo così facilmente sradicabili, esportabili, adattabili. (...)
Ai due estremi del ventaglio delle migrazioni, ci sono disperazione e libertà. Le diseguaglianze crescenti aumentano la pressione per abbandonare i luoghi più miseri e inospitali. Al tempo stesso è diventato più facile andarsene, e viviamo in una cultura che esalta la mobilità come un valore positivo. (...)
Ma è proprio vero che il XXI secolo ci ha reso tutti cittadini del mondo, cosmopoliti e flessibili? Una studiosa americana delle migrazioni, Susan Matt della Weber State University, dimostra che è una forzatura. «Il cosmopolitismo - spiega la Matt - e cioè l' idea che gli individui possono e debbono sentirsi a casa propria in ogni angolo del mondo, risale nientemeno che all'Illuminismo. Solo ora però è diventata senso comune, valore di massa, come un ingrediente costitutivo dell' economia globale. Tuttavia dopo un decennio di ricerche sulle esperienze e le emozioni degli immigrati, ho scoperto che molti di coloro che lasciano casa in cerca di un futuro migliore finiscono per subìre uno spaesamento dagli effetti depressivi. Pochi ne parlano apertamente» (...)
L' idea che sia facile sentirsi a casa propria in ogni angolo del pianeta, deriva da una visione dell' umanità che celebra l' individuo solitario, mobile, facilmente separabile dalla sua famiglia, dalle sue radici, dal suo passato». In quanto all'illusione che le tecnologie abbiano abbattuto frontiere e distanze, la psicologa messicana Maria Elena Rivera ha raggiunto la conclusione opposta: molti suoi pazienti soffrono ancora più acutamente la lontananza da casa, dopo avere "assaggiato" l'atmosfera di una cena tra familiari e amici... osservata a mille chilometri di distanza sullo schermo di un computer o di un' iPhone via Skype.
LA MONACA DI MONZA
I TUMULTI DI SAN MARTINO
http://www.raiscuola.rai.it/articoli/i-promessi-sposi-lassalto-ai-forni-cap-xii-e-xiii/4931/default.aspx
OSTERIA E AMBIENTI CARAVAGGESCHI
IL RAPIMENTO DI LUCIA
DIO PERDONA TANTE COSE PER UN'OPERA DI MISERICORDIA
LA NOTTE DELL'INNOMINATO
LA PESTE A MILANO
http://www.raiscuola.rai.it/articoli/i-promessi-sposi-la-peste-cap-xxi/3832/default.aspx
IL GRISO TRADISCE DON RODRIGO
http://www.raiscuola.rai.it/articoli/i-promessi-sposi-il-griso-tradisce-cap-xxxiii/3702/default.aspx
GLI UNTORI
http://www.raiscuola.rai.it/articoli/i-promessi-sposi-la-peste-cap-xxi/3832/default.aspx
LA MADRE DI CECILIA - 1
LA MADRE DI CECILIA - 2
RENZO PERDONA DON RODRIGO
IL PERDONO
Scrive F. Scott Fitzgerald: non c’è fuoco o gelo che possa sfidare ciò che un uomo può immagazzinare nella memoria (in Il grande Gatsby).
Sembra impossibile lasciare spazio al perdono: la memoria è un archivio indistruttibile e lì si immagazzinano e si sedimentano, accanto ai ricordi, anche i sentimenti più forti e indomabili: il rancore, la vendetta, lo sdegno, la rabbia.
Eppure è possibile non essere schiavi dell'odio, una soluzione c'è: l’oblio, che non è rimozione. Bisogna saper dimenticare, non cancellare; occorre saper recuperare l’equilibrio tra memoria e dimenticanza. Soprattutto, è necessario darsi tempo, concedersi il tempo per guarire, dare alla ferita il tempo per rimarginarsi e trasformarsi in cicatrice. E la cicatrice è un segno, che resta, ma non sanguina più. Il segreto sta nel saper lasciar andare lo sdegno per il torto ricevuto, nell’essere capaci di fare spazio a una nuova prospettiva, per conquistare la libertà da ogni gabbia di tristezza, di pietrificazione rancorosa.
Sostiene Recalcati: il lavoro del perdono è un lavoro che esige tempo: la memoria dell’offesa viene attraversata e riattraversata al fine di raggiungere un punto di oblio che rende possibile un nuovo inizio (in Non è più come prima)
Nell’oblio sta la forza dell’uomo: solo dimenticando il male e il dolore che ne è derivato, si potrà trovare la spinta per guardare al futuro.
… Come si alzerebbe l’uomo al mattino
senza l’oblio della notte che cancella le tracce?
Chi è stato sbattuto a terra sei volte
come potrebbe risollevarsi la settima
per rivoltare il suolo pietroso,
per rischiare il volo nel cielo?
La fragilità della memoria
dà forza agli uomini.
(B. Brecht, Elogio della dimenticanza)
ELOGIO DEL PERDONO: MASSIMO RECALCATI (minuto 47.09)
I PROMESSI SPOSI: IL CONFLITTO DELLE INTERPRETAZIONI
IL CALVINISMO E L’INTERPRETAZIONE WEBRIANA DELL’ETICA DEL LAVORO
Una spiegazione alla crescita sociale ed economica di Renzo e Lucia.
Il profitto segno della grazia divina
La religione luterana aveva
dichiarato l'inefficacia delle buone opere per essere salvati,
la dottrina della giustificazione per fede era
espressione della onnipotenza divina che, per suo insindacabile giudizio,
rendeva giusto (iustum facere), giustificava, a condizione
di avere fede,
chi era ingiusto per sua natura, per il peccato
originale. Si stabiliva così un rapporto diretto tra Dio e gli uomini. Veniva a
mancare la funzione del dispensatore della grazia divina,
il sacerdos, colui che dà il sacro, che assicura il fedele del perdono divino,
per cui occorrono le buone opere, e della grazia salvifica.
La mediazione della Chiesa tra il fedele e Dio presente
nel cattolicesimo, nel luteranesimo era cancellata.
Ogni credente diveniva sacerdote di se stesso. Nessun uomo, sosteneva Lutero,
con le sue corte braccia può pensare di arrivare fino a Dio. Questa condizione
era potenzialmente disperante. Quanto più il fedele viveva approfonditamente la
sua fede tanto più il dubbio si insinuava sulla sua sorte nell'aldilà.
Con Calvino c'è
una soluzione. Il segno della grazia divina diventa visibile e sicuro: è la ricchezza,
il benessere generato dal lavoro. Anzi il lavoro in sé acquistava il valore di vocazione
religiosa: è Dio che ci ha chiamato ad esso. Quindi il beruf, il lavoro e il successo che ne consegue garantiscono
al calvinista che "Dio è con lui", che egli è l'eletto, il predestinato.
Di conseguenza il povero è
colui che è fuori dalla grazia di Dio. Chi sa quali colpe egli ha commesso per
essere stato punito con la povertà. La figura del povero, che nel Medioevo cristiano,
francescano e cattolico era la presenza di Cristo, lo strumento per acquisire
meriti per il Paradiso, ora è invece il segno della disgrazia divina. Le
torme di mendicanti cenciosi e ladri che ora assediano nel Cinquecento le
strade della città impauriscono i buoni borghesi.
Ad ogni aumento del prezzo dei beni alimentari può scatenarsi una sommossa.
Essi quindi verranno relegati dalle autorità cittadine, spesso con la forza,
negli ospedali che
divengono i luoghi di raccolta di ammalati, vagabondi e poveri.
Visione weberiana
Questa concezione calvinista del
valore del lavoro per il lavoro stesso trova riscontro per Max Weber in alcune
caratteristiche che differenziano le due religioni: mentre il cattolico celebra
la messa o
prega per ottenere qualcosa, il protestante ringrazia Dio per quello che ha già
ottenuto, la sua preghiera onora Dio, ha un valore in se stessa non serve
per ottenere qualcosa. Mentre le chiese cattoliche manifestano nell'oro e nella
ricchezza dei loro edifici e delle cerimonie la gloria di Dio, al contrario
quelle calviniste hanno il senso di sé in se stesse, sono severi luoghi di
culto costruiti soltanto per pregare.
Infine come la fede nel
protestantesimo vale per se stessa, è del tutto separata dalle opere così nello
spirito capitalistico il lavoro e la
produzione sono valori morali in sé separati da ogni risultato esterno: il
profitto va reinvestito perché il beruf
ha un valore in se stesso e non in rapporto ai godimenti e ai vantaggi
materiali che possa procurare.
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